G7 Ambiente, Galletti: con dialogo e cultura si batte il terrore

L'appello del ministro alla vigilia dell'appuntamento internazionale a Bologna

Gian Luca Galletti, ministro dell'Ambiente (ImagoE)

Gian Luca Galletti, ministro dell'Ambiente (ImagoE)

Bologna, 10 giugno 2017 - IL G7 Ambiente di domani e lunedì giunge in un momento particolarmente delicato nel palcoscenico internazionale. I fatti degli ultimi giorni credo debbano farci riflettere tutti, non tanto e non solo per l’orrore delle azioni terroristiche, per le decine di vittime innocenti barbaramente trucidate, ma anche per le nuove implicazioni che i recenti atti terroristici impongono alla nostra attenzione.

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Ci riuniremo con gli altri ministri e le delegazioni dei 7 Paesi a Bologna dove è vissuto e veniva spesso uno dei tre terroristi di Londra. Sua madre è bolognese. Ha respirato la nostra cultura, parlava la nostra lingua. Aveva un passaporto italiano. Sabato sera è andato a sgozzare passanti in una via di Londra. Non era lontano e diverso. Era vicino e simile a noi. Un secondo elemento che ritengo debba indurci qualche riflessione è la coincidenza, non so quanto casuale, fra l’inasprimento della contrapposizione fra mondo sunnita e Iran, accusato di alimentare il terrorismo, e gli attacchi di mercoledì proprio a Teheran. È come se la galassia del terrore volesse smentire nel più cruento dei modi una divisione fra buoni e cattivi in relazione alle stragi. E vorrei qui sottolineare un elemento che spesso nella comunicazione europea passa in secondo piano: e cioè che la maggior parte delle vittime del terrorismo sono islamiche, che l’Iraq, il Pakistan, la stessa Turchia, oltre che ovviamente l’Iran, stanno pagando il tributo di sangue più pesante dell’ondata di terrore degli ultimi anni. Io sono stato in visita a Teheran un paio di mesi fa ed ho trovato un governo e un popolo impegnati sul fronte della collaborazione non solo sul piano ambientale. Cooperazione non contrapposizione: gli iraniani mi sono apparsi desiderosi di dialogo non di isolamento. Io sono preoccupato di una reazione a questi atti – pure umana, comprensibile ma a mio avviso sbagliata - fatta solo di odio. Io sono invece d’accordo con chi dice che reagendo con l’odio facciamo il gioco dei terroristi, di chi dice che additando tutto il mondo islamico come corresponsabile spingiamo verso la radicalizzazione altri potenziali terroristi.   QUELLO CHE CREDO invece vada fatto è confermare e ribadire i nostri valori e non cambiare le nostre abitudini e stili di vita. Loro vincono se noi cediamo alla paura e all’odio. Io credo che i terroristi possano essere sconfitti culturalmente e moralmente prima che sul piano repressivo e militare certamente necessario. E le nostre “armi” sono i valori della nostra civiltà, la tolleranza, il dialogo.

In questo ambito l’ambiente può rappresentare certamente un terreno di incontro, un “format” di dialogo che si può estendere ad altri campi. Ed in questa chiave è stato considerato anche da Papa Francesco nella sua “Laudato Si'” che ha innalzato le tematiche della tutela del creato dai tecnicismi scientifici ed economici in cui spesso in passato sono state relegate, facendole diventare un grande tema etico. La “Laudato Si'” è stata a mio avviso la “magna charta” etica su cui è stato costruito l’Accordo sul clima che rappresenta a mio parere un punto di partenza importante per la comunità internazionale.

Infatti, se ci riflettiamo, l’Accordo di Parigi è stato certamente il più importante accordo internazionale degli ultimi decenni, siglato da tutti i paesi del mondo e che impone a tutti i paesi del mondo degli impegni. Sappiamo tutti quanto ampia sia la portata di quella intesa, sappiamo – e non a caso registriamo le perplessità americane – quanto profondamente incida sugli assetti economici globali, sui rapporti fra gli stati, sulle interrelazioni fra paesi ricchi e paesi poveri, sui flussi migratori. Ebbene su questi temi decisivi, penso all’energia, all’acqua, alla condivisione di tecnologie, tutti i paesi del mondo hanno trovato un anno e mezzo fa a Parigi una storica intesa. Non è stato un percorso facile né agevole, è stata una strada lungo la quale non sono mancati fallimenti e battute d’arresto o anche successi poi rivelatisi inadeguati alla causa (penso al Protocollo di Kyoto).

MA ALLA FINE nel nome dell’ambiente, puntando su un metodo partecipativo e inclusivo ottenendo un risultato che tutti da subito hanno definito storico. E in quella discussione che ha condotto all’accordo non ci sono stati cristiani e mussulmani, ebrei, indù o confuciani. Ci sono stati tutti i popoli del mondo che hanno fatto una scelta importante, decisiva per il futuro dell’umanità. Allo stesso modo non ci sono distinzioni religiose fra i milioni di migranti che dal sud del mondo pressano sui paesi ricchi cercando un futuro migliore. Le religioni, tutte le religioni, pongono al centro l’uomo, l’umanità. La nostra terra non è di alcuni ma di tutti. Non appartiene a noi che la abitiamo oggi ma anche, soprattutto, anche a quelli che la abiteranno dopo di noi. Di questo si è parlato ieri con i rappresentati di cattolici, mussulmani ed ebrei nel corso di un importante convegno sul dialogo interreligioso. Sui temi ambientali non vi sono contrasti, non vi sono divergenze etiche fra le confessioni. Per questo dico che l’ambiente è un modello, un punto di partenza, un luogo di dialogo privilegiato per tutti gli uomini di buona volontà.