di Doriano Rabotti Vengono i brividi solo a pensarci, perché quell’anno non se lo dimenticherà mai nessuno. Il 2023 segnerà il ritorno di tre gran premi sul suolo degli Stati Uniti, come era successo soltanto una volta in precedenza: nel 1982. E allora prima di ricordare quella stagione sarà meglio raccontare perché, dopo tanto tempo, una terra che con la Formula 1 ha avuto sempre un rapporto controverso abbia riscoperto questo entusiasmo. Il merito principale è di Netflix. In particolare della serie ’Drive to survive’, dedicata al mondo della Formula 1: dal 2019 ha fatto scoprire agli americani che cosa succede ai box e in pista in quella che per il resto del mondo è la massima espressione dell’automobilismo. Una mano importante l’hanno data i videogames, i cosiddetti ESports: complice il lockdown, anche qualche pilota ’vero’ si è cimentato nei videogames giocando in rete con i propri tifosi, anche negli States. E questo ha accorciato le distanze. Il resto l’ha fatto il lavoro di Stefano Domenicali e di Formula One group, capaci di rinnovare l’interesse per il circus tramite lo spettacolo. Il tris a stelle e strisce (quest’anno si correrà a Miami il 7 maggio, ad Austin il 22 ottobre e a Las Vegas il 18 novembre) rimanda a un unico precedente, dicevamo: nel 1982 si corse a Long Beach il 4 aprile, a Detroit il 6 giugno e come stavolta anche a Las Vegas, il 25 settembre. Era la prima volta, come detto. E purtroppo arrivò in una stagione che soprattutto ai tifosi italiani e della Ferrari fa tornare alla memoria troppi episodi tristi. Ad aprile in California, a Long Beach, Gilles Villeneuve c’era ancora: arrivò terzo al traguardo dietro il vincitore Niki Lauda su McLaren, al primo successo dopo il ritorno alle corse, e Keke Rosberg sulla Williams. Ma il canadese alla fine della gara fu squalificato per un’irregolarità al suo alettone. Le due gare successive sono fin troppo note ai ferraristi: a Imola, Pironi battè il compagno all’ultimo giro, e i rapporti tra i due si ruppero. A Zolder Gilles trovò la morte durante le prove dopo un contatto con la March di Jochen Mass. Era l’8 maggio. Poco meno di un mese dopo, il 6 giugno, il mondiale tornò negli States, a Detroit: vinse l’inglese John Watson su McLaren davanti alla Ligier di eddie Cheever e alla Ferrari di Pironi. Che nella corsa successiva fu protagonista suo malgrado di un’altra tragedia, troppo spesso dimenticata. In Canada, alla partenza trovò la morte Riccardo Paletti, scontrandosi con la Ferrari del francese rimasta ferma alla partenza. L’ultima gara americana di quell’anno troppo ricco di lacrime si tenne a Las Vegas il 25 settembre, e fece sorridere un italiano. Michele Alboreto riuscì a riportare alla vittoria dopo un digiuno di ben 71 corse la Tyrrell, davanti alla McLaren di Watson e ancora alla Ligier di Eddie Cheever, ’l’americano di Roma’ perché pur essendo nato a Phoenix, aveva trascorso l’infanzia in Italia. Sul palco, a premiare Alboreto e Rosberg che si laureò campione del mondo, c’era Diana Ross (nella foto).

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di Doriano Rabotti
Vengono i brividi solo a pensarci, perché quell’anno non se lo dimenticherà mai nessuno. Il 2023 segnerà il ritorno di tre gran premi sul suolo degli Stati Uniti, come era successo soltanto una volta in precedenza: nel 1982.
E allora prima di ricordare quella stagione sarà meglio raccontare perché, dopo tanto tempo, una terra che con la Formula 1 ha avuto sempre un rapporto controverso abbia riscoperto questo entusiasmo.
Il merito principale è di Netflix. In particolare della serie ’Drive to survive’, dedicata al mondo della Formula 1: dal 2019 ha fatto scoprire agli americani che cosa succede ai box e in pista in quella che per il resto del mondo è la massima espressione dell’automobilismo. Una mano importante l’hanno data i videogames, i cosiddetti ESports: complice il lockdown, anche qualche pilota ’vero’ si è cimentato nei videogames giocando in rete con i propri tifosi, anche negli States. E questo ha accorciato le distanze. Il resto l’ha fatto il lavoro di Stefano Domenicali e di Formula One group, capaci di rinnovare l’interesse per il circus tramite lo spettacolo.
Il tris a stelle e strisce (quest’anno si correrà a Miami il 7 maggio, ad Austin il 22 ottobre e a Las Vegas il 18 novembre) rimanda a un unico precedente, dicevamo: nel 1982 si corse a Long Beach il 4 aprile, a Detroit il 6 giugno e come stavolta anche a Las Vegas, il 25 settembre.
Era la prima volta, come detto. E purtroppo arrivò in una stagione che soprattutto ai tifosi italiani e della Ferrari fa tornare alla memoria troppi episodi tristi. Ad aprile in California, a Long Beach, Gilles Villeneuve c’era ancora: arrivò terzo al traguardo dietro il vincitore Niki Lauda su McLaren, al primo successo dopo il ritorno alle corse, e Keke Rosberg sulla Williams. Ma il canadese alla fine della gara fu squalificato per un’irregolarità al suo alettone. Le due gare successive sono fin troppo note ai ferraristi: a Imola, Pironi battè il compagno all’ultimo giro, e i rapporti tra i due si ruppero. A Zolder Gilles trovò la morte durante le prove dopo un contatto con la March di Jochen Mass. Era l’8 maggio.
Poco meno di un mese dopo, il 6 giugno, il mondiale tornò negli States, a Detroit: vinse l’inglese John Watson su McLaren davanti alla Ligier di eddie Cheever e alla Ferrari di Pironi. Che nella corsa successiva fu protagonista suo malgrado di un’altra tragedia, troppo spesso dimenticata. In Canada, alla partenza trovò la morte Riccardo Paletti, scontrandosi con la Ferrari del francese rimasta ferma alla partenza.
L’ultima gara americana di quell’anno troppo ricco di lacrime si tenne a Las Vegas il 25 settembre, e fece sorridere un italiano. Michele Alboreto riuscì a riportare alla vittoria dopo un digiuno di ben 71 corse la Tyrrell, davanti alla McLaren di Watson e ancora alla Ligier di Eddie Cheever, ’l’americano di Roma’ perché pur essendo nato a Phoenix, aveva trascorso l’infanzia in Italia.
Sul palco, a premiare Alboreto e Rosberg che si laureò campione del mondo, c’era Diana Ross (nella foto).

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