Giovedì 25 Aprile 2024

Valentina Vezzali: la regina del fioretto e le vittorie senza spada

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“Per ogni madre i figli sono la goia e l'orgoglio più grandi. L'8 marzo si fa il bilancio dei passi in avanti, non è una festa”

NATA IL 14 febbraio 1974 a Jesi (Ancona) TITOLI VINTI: sei ori olimpici, 16 mondiali, 13 Europei LAVORO: consigliere della Federazione Scherma Italiana

 

Valentina Vezzali, quante volte le è capitato di essere discriminata perché donna?

«Non ricordo un episodio specifico o un’occasione in cui mi sia sentita discriminata o peggio penalizzata. A volte ho sentito qualche atteggiamento di scetticismo nei miei confronti, in quanto donna, in ambienti che si pensano essere riservati agli uomini. Quella della differenza uomo-donna è una percezione culturale che piano piano si prova a superare e, bisogna ammettere, di strada se ne è fatta tanta. Serve solo non abbassare la guardia, perché ci possono essere episodi, ma anche atteggiamenti, influssi socio-culturali, che possono sprecare tutti gli sforzi compiuti».

Ha ancora senso una festa come l’8 Marzo, o è solo un modo per gli uomini di lavarsi la coscienza?

«Secondo me è una ricorrenza che ha ancora un senso. Anche perché bisogna ricordare il vero motivo che ha portato all’indicazione dell' 8 marzo quale giornata internazionale delle donne. Semmai non credo sia corretto definirla ‘festa’. Non si ‘festeggia’ la donna, ma l’8 marzo deve essere l’occasione, proprio come adesso con questa intervista, per riflettere sul percorso che si sta compiendo per abbattere la diffidenza circa la reale uguaglianza di genere».

Cosa invidia agli uomini e in che cosa sente che le donne sono migliori?

«Non invidio qualcosa di particolare agli uomini. Probabilmente solo il modo in cui gestiscono le relazioni interpersonali, con un pizzico di invidia e gelosia in meno rispetto a noi donne. Che, di contro, abbiamo una capacità maggiore di organizzarci e di riuscire a svolgere anche più ruoli contemporaneamente: siamo mogli, madri e comunque donne, con gli impegni di lavoro e le varie responsabilità».

Le giovani oggi sono molto più libere delle ragazze anche solo di vent’anni fa. È giusto così, o a volte si esagera?

«Non credo si possa parlare di esagerazione. Perché questo termine presupporrebbe che vi sia un limite definito. Io credo che la società inevitabilmente cambi ed ovviamente ciò comporta una serie di mutazioni culturali. Probabilmente negli ultimi decenni è cambiato tutto in maniera molto netta, se solo si pensa a quella che era la società ed il rapporto tra uomo e donna fino agli anni settanta. Basta parlare con le nostre mamme o con le nostre nonne per avere l’esatta percezione di quanti passi avanti siano stati compiuti».

A volte sembra che le donne vogliano raggiungere la parità dei difetti invece che dei diritti: aggressive come gli uomini, sia alla guida che sul lavoro. 

«E’ una triste verità. Troppo spesso abdichiamo alla nostra femminilità, omologandoci a degli standard sociali che non si addicono al nostro essere donna. Non credo che sia un processo di ‘maschilizzazione’, quanto semmai una omologazione ad un clima sociale che troppo spesso predilige l’aggressività al dialogo e la rivendicazione dei propri diritti senza pensare al contrappeso dei propri doveri».

Lo sport da questo punto di vista è una situazione ideale per insegnare i valori di eguaglianza o tolleranza. Oppure no?

«Assolutamente sì! Lo sport è una delle agenzie educative più importanti per la società. È la casa dei valori civili: dal rispetto delle regole, a quello degli avversari, all’uguaglianza. E’ inoltre uno strumento unico per valorizzare le diversità di qualsiasi tipo, anche fisiche, e l’inclusione. Sono orgogliosa di essere testimonial di una iniziativa promossa da Procter&Gamble nei punti vendita Acqua e Sapone fino al 31 marzo, a sostegno della campagna Special Olympics ‘Io adotto un campione’ che proprio attraverso lo sport aiuta ragazzi con disabilità intellettive a scoprire nuove abilità ed acquisire fiducia in se stessi. Inoltre non è un caso che il Cio abbia introdotto, soprattutto a livello giovanile, alcune prove miste uomo-donna, a testimonianza che si può ‘fare squadra’ ed insieme raggiungere gli obiettivi».

Qual è la cosa da donna di cui è più orgogliosa e quella che non rifarebbe?

«Credo che ogni donna che sia madre vada orgogliosa dei suoi figli. Sono la gioia più grande per ogni donna e quindi anche l’orgoglio più grande. Invece non c’è una cosa che non rifarei, perché lo sport mi ha insegnato che ogni sbaglio, ogni errore ed ogni sconfitta è una straordinaria occasione per migliorare e…vincere».