Mercoledì 24 Aprile 2024

Cristina Acidini: la first lady dell'arte e i gioielli di Firenze

Cristina Acidini

Cristina Acidini

"La capacità di individuare le priorità e di indicarle con chiarezza viene percepita come attitudine al comando"

NATA IL 15 maggio 1951 a Firenze LAUREA: Storia dell'arte LAVORO: presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno

Cristina Acidini era al timone del prestigioso Opificio delle Pietre Dure di Firenze quando, nel 2006, l’ex ministro Antonio Paolucci venne chiamato a dirigere i Musei Vaticani e lei divenne Soprintendente del Polo Museale di Firenze, ruolo che ha ricoperto fino al 2014. Storica dell’arte e scrittrice, tra i massimi esperti di Michelangelo, Cristina Acidini oggi è a capo dell’Accademia delle Arti del Disegno. Sposata con un figlio e una carriera che l’ha portata ben oltre i confini del Belpaese, si è occupata di progetti di non poco conto, come l’ampliamento dei musei a partire da quello degli Uffizi.

Professoressa Acidini, studi classici, la laurea in Storia dell’Arte, una borsa di studi della Fondazione Roberto Longhi, passione e grinta: quanto è stato difficile arrivare a ricoprire importanti incarichi per lo Stato?

«Il percorso è stato entusiasmante e molto duro. Due concorsi pubblici (per entrare nel Ministero nel 1980 e per la dirigenza nel 1991) e poi tanto lavoro attorno a tutto ciò che non s’impara sui libri: la ricchezza artistica del territorio, la conservazione e il restauro, la vita dei musei, la didattica, le mostre, la diplomazia internazionale... E per trattare con persone e denaro, i veri motori di ogni attività. Per qualche anno ho retto i 27 musei d’arte statali del Polo pre-riforma, tutta l’arte di Firenze e l’Opificio. Oltre 600 dipendenti, bilanci milionari. Credevo di non sopravvivere».

Nel cinquecentenario della sua morte, tutto il mondo celebra Leonardo da Vinci: dal 29 marzo Palazzo Vecchio ospiterà la mostra da lei curata, che si propone di ritrovare nei fogli del Codice Atlantico i tanti richiami al luogo d’origine del Genio toscano. Meglio gestire il patrimonio pubblico o curare i grandi eventi?

«La tutela e la conservazione vengono avanti a tutto, in modo da trasmettere alle generazioni future patrimoni culturali che non sono nostri, ma solo affidati a noi. Quindi occorre una sana gestione. Detto questo, anche le mostre temporanee e gli ‘eventi’ contribuiscono a coinvolgere un pubblico più vasto e vario. Sono le novità, a far tornare nei luoghi e nei musei chi già li conosce».

Storici dell’arte, curatori di musei, artisti: il suo lavoro l’ha portata a conoscere un’infinità di personaggi di altissima caratura: qual è l’incontro che non dimenticherà?

«Tralascio gli italiani, per non far torto a nessuno. Fra i grandi direttori Antonova a Mosca e Piotrowsky a San Pietroburgo, l’affascinante de Montebello del Met di New York, i presidenti-direttori del Louvre, i pragmatici cinesi, i giapponesi squisiti ma inflessibili e via elencando. Al di là dei musei, ricordo la curiosità amabile di Carlo d’Inghilterra, la franchezza rude di Bush padre, l’assorta serenità di papa Ratzinger, l’affabilità del patriarca Bartolomeo II, il gelo di Putin, la spiritualità di Bill Viola. E mi fermo qui».

Vera first lady dell’arte, lei è celebre per l’abilità e la chiarezza, gentile ma tutt’altro che tenera: è nata con una spiccata attitudine al comando?

«A me non pare di averla. Ho maturato invece, credo, una capacità specifica, quella di individuare le priorità. Ecco, forse è la mia chiarezza nell’indicare le cose che contano (e che generano pericoli, se trascurate), che viene percepita come attitudine al comando».

Una vita fatta di studio e di lettura, di viaggi e di incontri, certo. Ma anche di famiglia e normalità, di sogni che poi sono cambiati strada facendo: come definirebbe la sua avventura?

«Inaspettata. E gigantesca, travolgente, affascinante, pericolosa e crudele: ho subito gli attacchi degli odiatori prima che la parola diventasse d’uso comune. Per uno storico dell’arte, lavorare a Firenze è già un privilegio, e quel che ho fatto e faccio, è il massimo. Mai immaginato».

Oltre a lei stessa, chi deve ringraziare?

«I nostri antenati, che hanno fatto bella l’Italia e splendida Firenze. I miei genitori Franca e Luciano, che con piena fiducia mi hanno lasciata libera di scegliere studi e lavoro, mio marito, mio figlio che da poco ci ha dato una bimba, Rosa. Docenti d’eccellenza come Gregori, Borsi, Del Bravo. Grandi colleghi come Antonio Paolucci, ministri comprensivi. E, ora, anche i tanti sconosciuti che mi fermano per ringraziarmi. Questa città non è ingrata come si dice, anzi è molto generosa e riconoscente».

 Ci sono nuovi traguardi che vorrebbe raggiungere?

«Ma certo! Volentieri continuo a occuparmi d’arte come presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno e consigliera di altre Fondazioni. Ma sogno di coltivare le amicizie, studiare, scrivere i quattro libri che ho in mente, riprendere gli hobby creativi abbandonati, stare con la nipotina e altro ancora. È troppo? No, i sogni non sono mai troppi».