Venerdì 19 Aprile 2024

Plinio il Vecchio, genio dell'enologia

Bruno Vespa

Bruno Vespa

CHE COSA direbbe Plinio il Vecchio se visitasse il Vinitaly che si conclude in gloria oggi a Verona dopo 4 giorni frenetici? Lombardo di Como, soldato in Germania, prefetto imperiale con Vespasiano, morì nel 79 dopo Cristo sotto l’eruzione del Vesuvio che – curioso com’era – s’era avvicinato a studiare distraendosi dai suoi impegni politici e burocratici. Per fortuna, un anno prima della morte, Plinio era riuscito a completare i 37 libri della sua monumentale Storia Naturale. «Due sono i liquidi maggiormente graditi al corpo umano – scrive nel XIV libro –: per l’uso interno il vino, per quello esterno l’olio, entrambi prodotti degli alberi; ma l’olio è necessario, né l’uomo ha lesinato per lui l’impegno. Quanto tuttavia egli sia stato più ingegnoso per il bere, si evincerà dal fatto che ha creato 185 qualità diverse di vino che diventano quasi il doppio tenendo conto delle varietà, mentre in numero molto più basso sono le qualità dell’olio». OGGI

NEL MONDO si conoscono 6.154 diverse varietà di vino distribuite in una cinquantina di Paesi. Nella sola Italia ci sono 341 vini DOC e 74 di DOCG. Ma è straordinario che Plinio sia riuscito a contarne circa 350 solo in Europa. Il primo enologo della storia aveva capito 2.000 anni fa il valore del terroir. Scrive, infatti, che esistono tipi di uve «innumerevoli e infinite, si potranno citare solo le più celebri perché ne esistono tante quasi quanti sono i terreni: basterà aver segnalato le qualità delle viti più note o quelle fuori dall’ordinario». In cima alle sue preferenze ci sono le viti Aminee, le più celebri dell’antichità. Questi vini provenivano dai Colli Aminei in Campania e furono battezzati come Falerno dai romani. Plinio si occupa anche della qualità della terra e delle esposizioni delle vigne. Polemizza con Virgilio che disapprovava per i vitigni settentrionali l’esposizione a Occidente, osservando giustamente che non si può stabilire una regola fissa per la variabilità dei venti. Analizza la diversa qualità dei vini italiani rispetto agli spagnoli e ai francesi e illustra quelli allungati con acqua marina, cosa che inorridisce i moderni. Visitando i padiglioni del Vinitaly, Plinio ne resterebbe affascinato, ma dovremmo fargli assaggiare per primi i vini dolci, perché ai suoi tempi lo erano quasi tutti. Superato lo shock, uomo di gran gusto e competenza, resterebbe affascinato da un bel Chianti e da un buon Barolo, fornendo ai suoi colleghi enologi qualche buon consiglio...