Venerdì 19 Aprile 2024

Cantina Aneri: brindisi fra i potenti

La qualità prima di tutto: è la filosofia che ha permesso a Giancarlo Aneri di far assaggiare i propri vini a Putin, Trump e Obama

Bollicine

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VERONA, HA CONSERVATO la freschezza del bambino curioso anche se ha 70 anni. E, a dispetto della sua visibilità planetaria, ha il pragmatismo dell’imprenditore cresciuto nel mondo agricolo, dove il narcisismo è contro natura perché, alla fine, conta quello che sei. Giancarlo Aneri è così: comunicativo e socievole, con un body language tanto convincente da essere considerato il «principe del marketing» nel mondo del vino, l’uomo capace di portare il suo Prosecco nei bicchieri di vip e teste coronate e di fare del suo Amarone un’arma diplomatica. Esemplificazione eccessiva. In realtà, l’imprenditore che sussurra ai potenti è solo un militante dell’Italia non ipocondriaca. È un visionario che ama la realtà: il mondo è di chi se lo prende. E ha una qualità che piace: portato al ‘saper fare’ ma anche al ‘far sapere’.

Piccoli numeri, grande visibilità... «Non è necessario essere obesi per essere visibili e desiderabili. Produciamo 500mila bottiglie e questo fa della nostra azienda una piccola realtà. Ma abbiamo selezionato 500 clienti in giro per il mondo che meritano i nostri vini. Questo ci ha permesso di guadagnare la simpatia di personaggi come Obama e Putin, e di entrare nei migliori ristoranti e hotel del mondo. Ma anche di veicolare un messaggio forte: la qualità fa breccia quando a firmarla è un’azienda che ha storia, etica e cuore».

Qualche ‘grazie’ è doveroso «Uno in particolare: per Enzo Ferrari. A Maranello mi disse: ‘La qualità va rispettata: se hai di fronte uno che non apprezza il tuo vino, alzati e vai via’. Lui e Pavarotti sono riusciti anche a convincermi a produrre Lambrusco, sostenendo che mi avrebbe dato grandi soddisfazioni. Avevano ragione».

E la famiglia come origine e fine di ogni cosa. «I migliori Prosecco delle nostre tre aziende agricole portano i nomi delle mie nipotine, Lucrezia, Ludovica e Giorgia. I bianchi hanno quello di mia moglie, il Pinot nero evoca mio figlio e l’Amarone ricorda mia figlia. Vorrà pur dire qualcosa. Da 5 mesi ho un nuovo nipotino. Si chiama Leone. E gli dedicherò un vino importante: un Valpolicella che in realtà ancora non produco. La famiglia si allarga? Lo farà anche l’azienda».

Questa cosa del marketing non le sta stretta? «I nostri Prosecco e i nostri Amarone piacciono ai grandi del mondo e per noi è la conferma di una credibilità acquisita. Ma non sono un privilegio solo per happy few. I vini Aneri sono più inclusivi che esclusivi. Amano la sana democrazia del mercato. Tant’è che alcuni prosecchi sono in vendita tra gli scaffali di una nota catena di supermarket».

Dopo tanta visibilità planetaria, un forte bisogno di radici. «Ho casa a Milano perché è lì che un imprenditore sviluppa business. Ma nei fine settimana torno a Legnago: il territorio dove sono nato, le passeggiate lungo l’Adige, le idee che nascono naturali. Sono come il vino che produco: il tempo passa e lui lo ama. Ho 70 anni, ma non mi lascio travolgere dalla risacca dei rimpianti. Pare sia l’autunno della vita. A me sembra un parente stretto della felicità».