Mercoledì 24 Aprile 2024

Brindisi in riva al lago

Dalla multinazionale Santa Margherita a Cà Maiol le maison scommettono sul bianco della Lugana. E lungo la sponda sud del Garda crescono le quotazioni dei terreni vitati

Lago di Garda

Lago di Garda

VERONA «IL FUTURO è bianco», dice Alessandro Regoli, direttore di winenews.it, sito informativo numero uno del Belpaese enoico. «Lo dicono i numeri (del consumo interno ma anche dell’export, dove la quota dei bianchi è in crescita, ndr), e lo confermano gli investimenti degli imprenditori del vino, che spingono in alto i prezzi dei terreni vitati anche nelle denominazioni bianchiste», osserva. La rivoluzione bianchista si tocca con mano nella denominazione Lugana, sponda sud del lago di Garda, a cavallo tra Veneto e Lombardia, 1.586 ettari vitati, divisi tra i Comuni di Desenzano, Pozzolengo, Peschiera, Sirmione e Lonato del Garda, per 15 milioni di bottiglie prodotte (l’80% delle quali finisce all’estero) e un giro d’affari di 66 milioni di euro. Le quotazioni per un ettaro di Lugana, ad esempio, sono ormai intorno ai 250mila euro, tante sono le griffe della Valpolicella fulminate sulla via del Turbiana (o Trebbiano di Lugana, l’uva base della denominazione). Come Zenato, che qui è di casa; come il gruppo Tommasi; Gerardo Cesari (di proprietà Caviro), e ancora il Gruppo Italiano Vini (col marchio Santi), Montresor (acquisito da Cevico), per citarne alcune. Un terroir storico (la denominazione ha festeggiato i 50 anni nel 2017) dove investono le ‘grandi firme’ della Valpolicella, ma non solo.

TRA LE PIÙ RECENTI, Santa Margherita, multinazionale veneta di proprietà della famiglia Marzotto, che nell’estate del 2017 ha acquisito la maggioranza di una delle cantine leader del territorio, Cà Maiol, 140 ettari vitati (1,5 milioni di bottiglie). Poi è arrivato Allegrini, marchio storico dell’Amarone della Valpolicella e non solo (a Montalcino con San Polo e a Bolgheri con Poggio al tesoro) con un investimento di 50 ettari. «È una sfida interessante – ha spiegato a WineNews Franco Allegrini – in una zona che vive dinamiche particolari: non è molto grande, vanta produttori che competono sul livello qualitativo più che quantitativo, non ci sono cantine sociali. In questo ricorda Bolgheri». Tra le griffe venete pioniere del Lugana c’è Zenato: «Già mio padre negli anni Sessanta decise di puntare su questo piccolo territorio a sud del Lago di Garda – racconta Nadia Zenato –. Negli ultimi 5 anni c’è stata una fortissima domanda, sia di impianti nuovi sia di ettari vitati. Oggi lo esportiamo in 60 Paesi, ma il mercato di riferimento è la Germania». «La Lugana è una denominazione molto promettente, da tempo tenevamo d’occhio il territorio – spiega a WN Ettore Nicoletto, ad Gruppo Santa Margherita –. È un piccolo territorio, una nicchia, dove ci vuole attenzione all’equilibrio della filiera e alla distribuzione del valore al suo interno». Tommasi, gruppo-galassia che comprende le storiche tenute in Veneto, poi Oltrepò Pavese, Montalcino, Maremma, Puglia (Manduria) e Basilicata (Vulture), produce Lugana da più di vent’anni. Ora l’obiettivo sono 200mila bottiglie. «Per me è un vino straordinario e versatile, capace di unire freschezza e complessità», spiega Pierangelo Tommasi. «Lo vogliamo portare sui mercati esteri. C’è molto lavoro da fare, ma la denominazione sta vivendo un momento di grande vitalità. Dobbiamo lavorare bene insieme, sia tra noi produttori sia come Consorzio». © RIPRODUZIONE RISERVATA