Mercoledì 24 Aprile 2024

Sardegna da bere

Massimo Ruggero ha investito nei vigneti della Gallura per produrre nove etichette legate a cultura e tradizioni

Degustazioni di vino (Archivio)

Degustazioni di vino (Archivio)

ALL’OMBRA del santuario della Madonna ‘Regina di Gallura’, tra chiese campestri, siti nuragici, rovine medioevali, pinnacoli di granito, a due passi dalle spiagge immacolate della costa, la Sardegna arcaica si svela attraverso ordinate geometrie di filari di viti. Siddùra, frazione di Luogosanto (‘Locusantu’ in gallurese) è un paradiso naturale, un paesaggio selvatico e aspro, punteggiato di fitte foreste di sugheri e profumato dalle fragranze della macchia mediterranea. Colline accarezzate da una leggera brezza marina, che attenua le calde temperature estive. Qui dieci anni fa un sardo verace, Massimo Ruggero, e un tedesco altrettanto verace, Nathan Gottesdiener, entrambi imprenditori (il primo nell’edilizia, il secondo nella moda) decisero di cambiare vita e si misero a cercare terra da vino.

«LA TERRA tu credi di sceglierla, invece è lei che sceglie te», spiega adesso Massimo. E’ nata così Siddùra (in gallurese ‘sella’ dalla forma delle colline su cui si arrampicano i vigneti), 201 ettari, 30 a vigneto, sulle ceneri di una antica produzione vinicola che già negli anni Cinquanta del secolo scorso imbottigliava Vermentino da vendere sul vicino e florido mercato di La Maddalena. Missione chiara: far rivivere un territorio ricco di cultura e tradizioni attraverso vini (nove etichette fra Vermentini, Cannonau rossi e rosato, un passito e un internazionale) che non tradiscano il consumatore. Il vino buono nasce nel vigneto, come riflesso del terroir, questa la filosofia dei due soci.

«QUINDI – spiega ancora Massimo – raccolti limitati per garantire la massima qualità, vendemmia selettiva a mano, microvinificazione e invecchiamento nelle migliori botti francesi di quercia». Sardegna arcaica, ma innovazione in vigna e cantina. Qui si fanno i conti anche col cambiamento climatico, con gli effetti del riscaldamento globale. Piogge copiose e improvvisa siccità. Gelate e alluvioni. A Siddùra è stata creata una stazione meteo, capace di mappare e prevedere le variazioni climatiche della settimana nei campi. Il senso è: trasformare i mutamenti climatici in vantaggi, prevenire i rischi di malattia della pianta.

«ARRIVARE a soluzioni innovative prima degli altri – insiste Ruggero – è condizione fondamentale per mantenere un alto livello di qualità dei propri vini». E la qualità dei vini Siddùra ha ricevuto riconoscimenti internazionali, James Suckling, Wine Enthusiast e Wine Advocate di Robert Parker, oltre che sulle guide italiane del buon bere. Cuore sardo e anima internazionale: «Uno degli obiettivi di Siddùra è quello di portare il marchio Sardegna nel mondo, promuovendo l’unicità del suo terroir capace di generare vitigni autoctoni con caratteristiche peculiari», continua Ruggero. «Questa è terra di bianchi, il Vermentino è la nostra identità, il rosso è nuova possibilità. Il Cannonau, il rosso della Barbagia interna, si sta adattando bene al clima secco della Gallura».

SIDDURA oggi produce 250.000 bottiglie circa, con il 20% di export. «Sono certo che un’adeguata promozione dei vitigni sardi possa accendere i riflettori a livello mondiale sulla nostra Isola, famosa non solo per la sua bellezza ma anche per la longevità dei suoi abitanti». Siddùra è fortissima nell’isola, in particolare in Gallura e in Costa Smeralda. Ma l’export diventa sempre più un’esigenza identitaria, oltre che strategica e commerciale, per la cantina di Luogosanto. La Germania resta il principale mercato, seguita dalla Svizzera. «Il mercato tedesco, dunque, come una grande sfida, soprattutto perché apprezza i vini di qualità ed è in grado di pagarli bene».