BOLGHERI (Livorno) UNA BOTTIGLIA della mitica annata 1985 (la prima volta di un 100/100) è andata all’asta da Sotheby’s, tre anni fa, per oltre 2.700 euro. Secondo il Cru World Wine di Hong Kong, riferisce il sito wine-searcher.com, può spuntare un prezzo sui 3.155 euro. Eppure, a sentire chi se ne intende, dopo più di trent’anni non ha ancora raggiunto l’apice della qualità. Per una bottiglia del 2015, l’ultima annata in commercio, il prezzo giusto in enoteca è di 180 euro. Però attenti: compratela di corsa, e tenetela lì, resistendo alla tentazione di stapparla. Perché il Sassicaia 2015 è il campione del mondo, almeno secondo Wine Spectator, la ‘bibbia’ più autorevole nel mondo del vino, che ha in Bruce Sanderson il suo ‘profeta’.
E NON È L’UNICO riconoscimento, in questo 2018 che segna il primo mezzo secolo dall’uscita della prima bottiglia. Luca Gardini e Andrea Grignaffini lo mettono in testa alla classifica di The Winesider Best Italian Wine Awards. E poi i punteggi: 98/100 per James Suckling e per Decanter, 97 per Robert Parker, 95 per Wine Enthusiast e per il Seminario Veronelli, 3 bicchieri del Gambero Rosso, 5 viti dell’Ais, 5 grappoli di Bibenda. Un vino, un mito. Una storia, se non ‘la’ Storia: con il Sassicaia si avvia il Rinascimento dell’enologia italiana, che parte con i supertuscans e in un luogo a sorpresa, Bolgheri. Di lì a poco sarebbero arrivati Tignanello e Solaia dal Chianti con Antinori, e solo a metà degli anni Ottanta l’Ornellaia, ancora Bolgheri. Una storia bella, ricca e complessa e densa di aneddoti, di nomi, di luoghi, di personaggi anch’essi ormai nel mito. Due per tutti: Giacomo Tachis, il Principe degli enologi, che Antinori passò ‘in prestito’ nel 1962 proprio per studiare questo vino a Mario Incisa della Rocchetta. Il Fondatore. Nato in Piemonte, si deve a lui la nascita della Tenuta San Guido, a capo della quale oggi c’è il figlio Nicolò, 82 anni e la stessa verve del padre. Il marchese Incisa aveva bevuto un simil-Bordeaux dai Salviati, di cui era ospite. Lì aveva visto anche la ‘stella’ che sarebbe diventata la sua icona, la sua firma sull’etichetta del Sassicaia. A Bolgheri piantò negli anni Quaranta sul colle del Castiglioncello di Bolgheri le prime barbatelle di Cabernet prese dai Salviati, e capì che la zona era ideale. Era nata ‘Bolghereaux’ , che rimase affare (e vino) di famiglia fino al 1967.
IL RESTO è storia nota. Un vino, il Sassicaia, Cabernet Sauvignon con una piccola parte di Cabernet Franc, seguito fin dalla vigna con la massima cura dagli agronomi e dall’attuale enologa, Graziana Grassini, nota per la sua mania dei vini puliti e precisi, con operazioni improntate alla massima delicatezza, niente lieviti esterni, niente forzature: una media di 240mila bottiglie l’anno da vini che il disciplinare – Sassicaia dal 2013 è anche denominazione di sé stesso – impone longeve, di oltre 20 anni.