La famiglia Lungarotti: un calice di Umbria

calice di vino

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L’UMBRIA del vino è nata qui, sui fianchi della collina di Brufa che fa da spartiacque con Assisi, «e tutte le mattine il mio pensiero va là», sorride Chiara Lungarotti, erede del pioniere Giorgio, «pioniere dell’Umbria e di tutto il Paese – e qui la voce accusa un velo di commozione – perché fu tra i primi all’inizio degli anni Sessanta a girare il mondo con la sua valigetta e imporre i nostri vini sulle carte dei ristoranti». Ha lasciato in buone mani, Giorgio Lungarotti, la sua idea di Umbria del vino. Tre donne, tre eleganti e vivaci signore: la moglie Maria Grazia Marchetti, assorbita dalle attività culturali del gruppo, e le figlie, Maria Teresa Severini, laureata in enologia a Perugia e specializzata a Bordeaux, che si occupa di immagine e comunicazione (oltre all’impegno di assessore alla cultura al Comune di Perugia), e la più piccola, appunto Chiara, agronoma e pure lei ‘rifinita’ a Bordeaux. È l’amministratore delegato, insomma il capitano di quella che lei stessa definisce «una squadra giovane e dinamica». Al lavoro su tre fronti: le aziende di Torgiano e di Montefalco, patria del Sagrantino, e la Scap, attiva nel settore energetico e fondata già settant’anni fa. Sono i vertici del pianeta Lungarotti. Vino, turismo e cultura, nel cuore antico di una delle regioni non solo più verdi ma anche e soprattutto più ricche di storia, di fascino, di arte e spiritualità dell’Italia intera.

VINO, turismo e cultura, nei numeri e nelle opere. Vino significa 250 ettari di vigne, 230 a Torgiano che è la patria del Rubesco, il vino ‘francescano’ da uve Sangiovese e Canaiolo lanciato proprio da Giorgio Lungarotti nel 1962, e altri 20 a Turrita di Montefalco. In tutto fanno 2 milioni e mezzo di bottiglie in 27 etichette, tra cui anche tre spumanti, un brut e un rosé per 30-35mila bottiglie, e uno charmat in arrivo nei prossimi mesi per altre 10mila: e poi ci sono dentro il ‘re’ Rubesco con la sua Riserva, che – stappati in 45 paesi del mondo – con le annate 2011 e 2012 hanno riscosso consensi da tutte le principali guide; c’è il Torre di Giano, bianco fresco e fruttato prodotto da mosto fiore o, nella versione ‘Il Pino’ affinato in legno; ci sono U Bianco e U Rosso, moderni e adatti anche ai giovani; da Montefalco, oltre ai classici, ecco IlBio, primo vino biologico dell’azienda dalla caratteristica etichetta con mappa catastale, «una versione più bevibile – dice ancora Chiara – e di più facile approccio a vini austeri come il Sagrantino». Infine un paio di passiti, due oli extravergini, due grappe, due balsamici. Prodotti che fanno il giro del mondo, all’export va però ‘solo’ il 45 per cento, «per noi – spiega Chiara – l’Italia è molto importante».

E IMPORTANTE, per casa Lungarotti, «è casa nostra, l’Umbria». Il turismo, già. «Ci abbiamo creduto da sempre, e dopo i disastri del terremoto ora siamo ripartiti», osserva Chiara. Casa Lungarotti fa la sua parte: dopo un pitstop, riapre a marzo il resort Le Tre Vaselle a Torgiano, «che però ora sarà affidato a professionisti del settore», ma c’è anche la tenuta di Montefalco con la sua wine esperienze a 360 gradi. Perché l’Umbria, dicono qua, ha un cuore grande.