Un viaggio nel tempo per "sapere di tappo"

Luca Bonacini

Luca Bonacini

CI PORTA in Iran, nel villaggio di Haji Firuz, il tappo più longevo fino ad ora mai ritrovato. Siamo nella cucina primordiale di una casa fatta di mattoni di fango, dove un enorme tappo di argilla vecchio di ottomila anni, assolve ancora la funzione di proteggere il liquido (probabilmente vino) contenuto in una giara di terracotta, lo scopriamo sfogliando ‘Sapere di tappo’ un volume appena presentato a Vinitaly a cura di Alessandro Zaltron e Francesca Marchetto, da un’idea di Gianni Tagliapietra, realizzato dopo un anno di accurate ricerche. Dal mito di Pandora, alla scoperta dei più antichi sistemi per conservare pensati dall’uomo, dove scopriamo che hanno parlato di tappo illustri di ogni epoca, da Shakespeare a Leblanc, da Flaubert a Manzoni, fino a Edgar Allan Poe, Cezanne, Renoir, Manet, Matisse, Hemingway. Le tappe salienti della Storia dell’uomo, rivisitate alla luce del tappo, andando al 3000 a.C. alle giare dei defunti di Yang shao, ritrovate nella Cina settentrionale, ai grossi orci dei Sumeri serrati da tappi in argilla lavorati al tornio, pigne verdi e pezzi di legno avvolti in fasce di cuoio, all’Antico Egitto dove il vino era un nettare sacro, elitario ed esclusivo, la viticoltura regimentata da un codice reale, e si utilizzavano tappi d’argilla indicando produttore, annata e tipo di vino, ma anche i misteriosi vasi Canopi destinati ai defunti.

POI LE ANFORE dei Fenici colme di olio e di vino, chiuse mediante dischi di terracotta fissati con la calce o con frammenti di vasellame. Le anfore dei Greci e dei Romani chiuse con dischi di sughero e pigne verdi che conferivano al vino un’aroma balsamico. Le botti dei Celti, chiuse con tappi di legno, fino all’invenzione del tappo di sughero attribuita all’abate Pierre Pèrignon sul finire del 1600, e all’invenzione a metà Ottocento del tappo corona che segnerà una svolta spazzando via oltre 1500 brevetti. Una ricerca condotta dagli autori su uno degli oggetti al mondo più utilizzati, il cui etimo sembra risalga alla radice germanica Tap che significa spingere o calcare, incontrando i più famosi artisti al mondo che utilizzano tappi di sughero nelle loro opere, esplorando le diverse implicazioni con il design e il riciclo, visitando il Museo del sughero di Calangianus in Sardegna, ripercorrendo infine la storia del cavatappi.