Oro rosso

Il Lambrusco mette lo smoking e alza l'asticella della qualità

Lambrusco

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BOLOGNA L’ORO ROSSO dell’Emilia Romagna merita il giusto riconoscimento. Ermi Bagni, direttore del Consorzio marchio storico Lambruschi modenesi, fa il punto sulla vendemmia che sta per iniziare e si dice convinto che questo tipico prodotto sia pronto a raccogliere i frutti dell’impegno dei produttori, anche all’estero. E intanto lancia la serata finale dei Lambrusco Awards, che si terrà il 27 settembre al Teatro Valli di Reggio Emilia con tutti i Consorzi territoriali e vip del calibro dello chef e star televisiva Alessandro Borghese.

Direttore Bagni, la vendemmia 2018 si annuncia migliore di quella dell’anno precedente. Sarà così anche per il Lambrusco? «Le sensazioni sono buone, rispetto al 2017 abbiamo avuto una prima parte dell’anno con clima fresco e piogge, siamo stati risparmiati dal caldo siccitoso e dalla gelata primaverile che hanno condizionato l’anno passato». Che produzione vi aspettate? «Raggiungeremo i livelli del 2016, più o meno. I nostri tecnici erano ancora più ottimisti qualche settimana fa, poi il caldo ha ridotto il peso dei grappoli. Dunque, prevediamo di avere una quantità di prodotto pari a quello che è il nostro standard».

C’è chi parla di ‘oro rosso’ dell’Emilia Romagna. «E meno male che ci si sta accorgendo del valore della nostra produzione. Per troppo tempo il Lambrusco è stato lasciato fuori dal novero dei grandi vini rossi, come se fosse un prodotto ‘di quantità’ più che ‘di qualità’. Ma non è così».

Cosa sta cambiando? «È un discorso che parte da lontano: 15-20 anni fa è stata fatta una scelta, con una produzione esclusivamente da vitigni selezionati e autoctoni. Poi abbiamo spinto sulla promozione, facendo di tutto per valorizzare la denominazione DOC. Ora raccogliamo i frutti, e vediamo che il prezzo medio della bottiglia di Lambrusco è in crescita: la gente vuole bere magari meno ma meglio, se gli si dà un prodotto di qualità, con la garanzia del rispetto del rigoroso disciplinare, insomma se la qualità emerge, gli appassionati lo capiscono e ti scelgono. Inoltre, nei concorsi si stanno affermando gli spumanti metodo classico, e anche il Lambrusco comincia a vincere premi importanti».

Qual è la posizione attuale del Lambrusco sul mercato italiano? «In Italia, il Lambrusco è da 40 anni il vino più venduto nella grande distribuzione. Come valore è al secondo posto, perché il prezzo medio del Chianti è più alto».

E all’estero? «Lo apprezzano sempre di più. Non solo: conosciuto soprattutto nella versione amabile e dolce, ora sta conquistando fette di mercato anche con la tipologia secca, in particolare nel canale Horeca (hotel, ristoranti e bar, ndr). La conferma ci arriva dagli Stati Uniti. Inoltre, ansiamo forte in Messico (30 milioni di bottiglie vendute all’anno), in Brasile, dove il Lambrusco è il vino più consumato, Colombia e Perù. Poi ci sono sempre Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna e il mercato russo e dell’est Europa, dove stiamo facendo un grosso lavoro di tutela del marchio».

La piaga dei ‘falsi’ italian sounding? «Tentano di scimmiottarlo, siamo riusciti a bloccare alcune aziende moldave che volevano utilizzarne il nome. Una vittoria non scontata».