Giovedì 25 Aprile 2024

Clima pazzo, nuove vigne

Vigne

Vigne

LE precipitazioni sono più brevi, ma più intense, grande caldo d’estate e bombe d’acqua in primavera. Il cambiamento climatico che caratterizza sempre più gli anni recenti è destinato ad avere ripercussioni anche nella produzione di vino: imporrà di coltivare nuove varietà di vite, più adatte all’aumento di caldo e siccità. A fare il punto di questa situazione in continua evoluzione è un team di ricercatori, secondo cui in futuro, al posto del Pinot Nero, potremmo trovarci a bere un più resistente Xinomavro. Il riscaldamento globale potrebbe far sì che nei prossimi decenni l’Europa meridionale diventi troppo calda per produrre vino di qualità. Ma il gruppo di scienziati capitanato da Elizabeth Wolkovich, docente di biologia evolutiva ad Harvard, non è d’accordo. E prospetta un rimedio. Anziché spostare le vigne al Nord - rinunciando a caratteristiche essenziali come il terreno, il fotoperiodo e l’esperienza dei vignaioli - si possono cambiare i vitigni. Il Pinot Nero e lo Chardonnay, ad esempio, sono varietà che maturano velocemente, adatte a luoghi freschi. Quando il termometro salirà, potrebbero essere sostituite da vitigni che hanno bisogno di estati lunghe e calde, come il greco Xinomavro o il Monastrell, di origini spagnole. Con 1.100 vitigni a disposizione, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Molti produttori non sono d’accordo. Eppure nel Nuovo Mondo, dagli Usa all’Australia, tra il 70% e l’80% delle vigne è occupato da appena 12 varietà, mentre in Cina il Cabernet Sauvignon rappresenta da solo il 75% del totale produttivo. La causa principale è la globalizzazione del mercato. «Nel Nuovo Mondo il consumatore chiede una bottiglia di Pinot Nero o di Cabernet», spiega Wolkovich, anche se il gusto varia in base all’area di produzione. Nel Vecchio continente la situazione è diversa, c’è l’arte di miscelare mosti e vini. In Europa meridionale le varietà presenti sono più numerose. Esistono però norme stringenti. Per produrre lo Champagne, ad esempio, è autorizzato l’uso di nove vitigni, ma il grosso lo fanno il Pinot Meunier, il Nero e lo Chardonnay. Per i vini di Borgogna si usano Pinot Nero e Chardonnay con Gamay e Aligoté. «La ristrettezza rema contro la resilienza, che di fronte alla minaccia del riscaldamento globale richiede di diversificare. I viticoltori - sottolineano gli studiosi di Harvard - devono sperimentare nuove varietà, così da poter scegliere i vitigni per la prossima generazione». «Il Vecchio Mondo ha una gran diversità di vitigni, alcuni dei quali si sono adattati a climi più caldi e tollerano meglio la siccità. Dovremmo studiarli - conclude Wolkovich - per prepararci al cambiamento climatico».