Sabato 20 Aprile 2024

Il vino prende quota

In futuro la viticoltura mondiale si alzerà di 800 metri, spostandosi a Nord: sfida dell'innovazione per affrontare il cambio di clima

Vino

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ROMA, IL CLIMA sempre più pazzo e in continua mutazione varierà anche il modo di bere. In agricoltura cambia l’approccio a diverse colture, compresa la vigna. E in tema di clima bisogna analizzare i numeri: la vendemmia 2017 è stata ridotta da eventi estremi del 45% per le uve bordolesi in Francia, raccolta anticipata a luglio per lo Chardonnay in Spagna, una produzione italiana in calo del 20%. Un incontro promosso dall’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari ha affrontato, in un confronto diretto col mondo della ricerca, le strategie utili per mitigare i danni del riscaldamento globale. «Entro la fine di questo secolo – ha detto il presidente della Società Meteorologica italiana, Luca Mercalli –, la geografia del vino mondiale sarà mutata. Oltre a una riduzione delle superfici vitate, assisteremo a un’espansione dei vitigni in regioni o fasce altimetriche oggi considerate inadatte: è possibile stimare per la viticoltura mondiale un aumento di quota di circa 800 metri e di 650 chilometri di latitudine verso Nord. In molte regioni è già iniziata la «corsa verso l’alto dei vigneti, e il versante Nord di un terreno comincerà ad essere più ambito». Del resto i vini del Trentino e dell’Alto Adige dimostrano che la qualità dei terreni è ottima.

POI C’È l’emergenza siccità. «Bisogna reagire e presto –, è l’appello della cooperazione francese –. Oggi disperdiamo tanta acqua reflua e dovremmo trovare il modo di immagazzinarla. È importante tornare a pratiche agricole più rispettose del suolo». I viticoltori chiedono anche di sfatare il tabù dell’irrigazione in caso di siccità, ancora vietata da molti disciplinari. In Francia le aree vitate con irrigazione di soccorso sono il 4%, in Italia il 26%, in Spagna il 21%, mentre i viticoltori del Nuovo Mondo ne fanno pratica diffusa: 85% in Nuova Zelanda e 90% negli Usa.

«IN ITALIA - ha detto la coordinatrice Vino dell’Alleanza delle coop Agroalimentari, Ruenza Santandrea – c’è un pregiudizio contro la ricerca e la scienza. Eppure i vini che beviamo negli ultimi 50 anni sono frutto della ricerca. Ora, grazie ai vitigni resistenti, alla genomica e ai portainnesti di ultima generazione, abbiamo la possibilità di produrre a chimica-zero, con evidenti benefici. Le aziende devono pubblicare anche il bilancio di sostenibilità, declinato in termini di risparmio idrico ed energetico». Secondo Attilio Scienza dell’Università di Milano, «è in atto la rivoluzione dei vitigni resistenti. Dal 2015 Veneto e Friuli hanno iscritto 10 vitigni resistenti alla peronospera e allo oidio nel Catalogo delle varietà, e in 15 aziende associate all’Unione Italiana Vini, da Banfi alla Cantina Settesoli, stiamo sperimentando portainnesti che riducono fino all’83% la chimica. Obiettivo è estendere questa pratica green a 600mila barbatelle a breve».