Mercoledì 24 Aprile 2024

«Boom del Brunello merito dei produttori»

Il presidente del Consorzio: «Negli ultimi 20 anni la qualità ha fatto un salto»

Boom Brunello

Boom Brunello

MONTALCINO (Siena), «STATO DI GRAZIA? Io direi risultato di decenni di lavoro». Non ci sta Patrizio Cencioni, presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino (e a capo dell’azienda di famiglia, Capanna), a far apparire il boom del prestigioso vino come un semplice colpo di fortuna. C’è altro dietro questi numeri da capogiro: un ettaro di vigna che può arrivare a valere un milione di euro; un ettolitro di Brunello quotato 792,5 euro; 170 milioni il fatturato (di cui il 70% dall’export) del mondo vino, le 254 aziende (erano 37 nel 1967) al lavoro su 2.100 ettari vitati a produrre 14 milioni di bottiglie, di cui 9,1 milioni di Brunello; un milione e mezzo di enoturisti per un Comune di sole 6mila anime.

Non è uno stato di grazia, presidente? «No, è il risultato di decenni di gestione. Dopo la grande espansione negli anni ’80-90, i produttori hanno capito che si doveva crescere piuttosto in qualità. Così è stato bloccato l’albo del Brunello e del Rosso, si sono mantenute le rese sotto i tetti del disciplinare. E negli ultimi vent’anni la qualità ha fatto un salto: oggi è rarissimo imbattersi in una bottiglia che non va bene».

È anche il successo di un territorio, no? «Quando giro il mondo sento che il richiamo è forte, la qualità del vino incrementa il turismo e si crea un circolo virtuoso, il nostro produttore, se guadagna, non va alle Maldive ma va in vigna o cambia prima le botti».

Qualità dovuta anche da voi al rinnovamento dei vigneti? «Non direi, in media i vigneti sono quelli del 1991-92, poi si è sostituito poco. La pianta più vecchia soffre meno il cambiamento del clima, ha radici profonde e patisce meno se non piove».

È finito anche il tempo della barrique. «Venti anni fa ci fu una grande corsa. Io per esempio non ho mai comprato barrique, e moltissimi sono tornati indietro. Ma un affinamento di 24 mesi in barrique è troppo lungo e incide molto sul vino; una riserva che sta 3-4 anni nelle botti di Slavonia, legno che ha la trama più fitta, invecchia senza problemi».

E intanto cresce sempre il turismo, a Montalcino. Ma il paese regge? «Ogni anno sale del 10%, qualche problema c’è. Mancano i parcheggi, malgrado le promesse a ogni campagna elettorale. Senza contare i ritardi e i sovraccarichi a livello nazionale: per i contributi Ocm ci vogliono sei mesi per una firma, da me, se arriva un ordine a mezzogiorno, nel pomeriggio il vino è già partito».

Novità sui mercati? «Un buon incremento in Canada, popolazione non grande ma che sta bene e vuole bere bene, e da noi trova un buon rapporto qualità-prezzo. Stiamo lavorando sulla Cina, dove serve più un’azione del Consorzio, perché c’è poca cultura del vino italiano anche se la nostra ristorazione là sta crescendo».

Ma insomma, che ‘sentiment’ c’è in giro su Montalcino e sul Brunello?

«Piace l’accoglienza. Piace il vino, austero e di bella struttura, non troppo tannico ed equilibrato. Ora cresce la ristorazione, ma i posti letto ancora mancano. E mancano gli alberghi con garage, anche se fuori paese ci sono belle strutture».