Sabato 20 Aprile 2024

L'ingegnere delle vigne

Alessandro Masnaghetti crea mappe digitali e in 3D sulle terre del vino: "Mi sento il Piero Angela dell'enologia"

I vigneti della Tenuta di Renieri

I vigneti della Tenuta di Renieri

UNA SORTA di Quark, quello di Piero Angela, per il mondo del vino. «Come sa fare lui, quando, con un bicchiere d’acqua e una pallina, in tre secondi ti spiega cose che nel linguaggio iniziatico della scienza non capiresti mai». Un Quark fatto di mappe – ma ora anche di App per smartphone e di immagini digitali in 3D – e di carte geografiche per raccontare i territori del vino, agli appassionati e ai turisti. È l’idea di Alessandro Masnaghetti, 56 anni a maggio, milanese dagli occhi chiari e dalla barba bianca, una laurea in ingegneria nucleare ma una grande passione, il vino appunto, che lo ha portato a lavorare da giornalista prima con Veronelli poi alla guida dell’Espresso, e infine a partorire Enogea, oggi editore del suo lavoro. Le mappe, appunto: dalla Toscana con tanto Chianti Classico, ma anche Montepulciano e Bolgheri, al Piemonte del Barolo e del Barbaresco, ma anche Montefalco e la Valpolicella, Bordeaux e oggi la Napa Valley.

Zone tanto diverse, Masnaghetti. «Sì. Ma vini che mi piacciono, zone che hanno tantissimo da raccontare. Di Barolo e Barbaresco si è già scritto tantissimo, il Chianti Classico ha espresso forse appena il 10%. Eppure per bellezza, complessità e sfumature non ha nulla da invidiare, che so, alla Borgogna o alle Langhe, ma si comincia solo ora a crederci. Montepulciano è più ‘familiare’, Bolgheri non ha la stessa potenza di fuoco ma ha identità precise».

Tutto nasce dalla grande passione per il vino. «Da sempre ho questo tarlo: assaggiare è utile e importante, ma il comunicatore deve aggiungere ciccia, non fermarsi al commento e alla critica, con uno smartphone e una tastiera tutti sono opinionisti. Il giornalista deve cercare e dare le notizie, che magari poi può commentare. Ma questo è sempre mancato, il lettore straniero cerca prima di tutto informazioni: dati, descrizioni, elenchi di comuni. Poi forse gli interessa la mia opinione».

E lo traduce nelle mappe? «Sì. Spesso una mappa viene intesa come... una mappa, ma qualsiasi bravo grafico la può fare. Quindi non si tratta solo di aggiungere casette a una base cartografica, ma devi metterci ciò che all’utente interessa, e lo sai solo se hai ‘battuto il marciapiede’ per anni. E quindi corredi le mappe di informazioni, e ci vuole un testo che racconti dove posare l’occhio. Non sono solo disegni, è un lavoro di ricerca sul territorio».

Per uso tecnico o divulgativo? «Divulgativo ma non all’acqua di rose, per quello che chiede un appassionato già evoluto. Sarebbe una sconfitta scrivere per il tecnico, io voglio che quell’argomento tecnico sia recepito da un utente finale che se non ha un filtro riceve informazioni sbagliate. Ecco perché penso ad Angela col suo Quark, l’obiettivo è divulgare cose difficili a chi ha voglia di conoscere, senza imbattersi in termini inaffrontabili».

L’utente ideale è il pubblico, o piuttosto aziende e Consorzi? «Tutti, senza preferenze: gli appassionati che si incontrano ai banchi di assaggio, i Consorzi, l’enoteca di New York. Insomma. Quel tizio di Oslo, Copenaghen o New York che sa tutto della Borgogna deve sapere le stesse cose del Chianti Classico e di Barolo: è un sostegno alle aziende per non raccontare sempre le stesse storielle e fare un passo in più».

Nasce sulla carta: e il mondo digitale? «In parte è già disponibile, e offre più spazio della carta, soprattutto per il 3D. C’è già qualcosa per il mondo Apple, e due app per Android, Enogea Barolo e Enogea Barbaresco, cerchi un luogo e trovi la mappa. Per il Chianti Classico c’è una mappa fisica, cartacea in 3D, formato 60x80, già disponibile sul mercato. Ma sono un pessimo mercante di me stesso, le enoteche non le hanno».

Ora lavora sulla Napa Valley: è divertente? «È una terra diversa dalle nostre. Noi la guardiamo con occhio snob, ma standoci un paio d’anni vedi tante sfumature e cose stimolanti, i vitigni e gli stili sono diversi, è una zona ricca di fascino. Ma il Chianti Classico dà cinque volte di più».

Ma alla fine, che ci azzecca con tutto questo un ingegnere nucleare? «Mi sono laureato l’anno del referendum anti-nucleare, ho preso una laurea che non mi dava la possibilità di lavorarci. Ma già allora avevo la passione per il cibo: ero militare a Latina e cominciai a mandare lettere a Veronelli sui ristoranti, ma senza sperare chissà che. Quando mi scrisse ‘appena torni vieni a Bergamo che facciamo due chiacchiere’, mi si bloccò la circolazione. Tutto è nato da lì».