Mercoledì 24 Aprile 2024

Al Bano, felicità è un bicchiere di vino

"I miei calici cantano in tutto il mondo"

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ALBANO Carrisi, c’è un ricordo che lega il vino alla sua infanzia? «Certo, un ricordo indimenticabile: da bambino mio nonno Paterno, Angelo, al ritorno dai campi, mi ‘iniziò’ al mondo vinicolo facendomi bere del vino. Ovviamente i miei genitori, quando se ne accorsero, si arrabbiarono molto, ma devo dire che grazie ai suoi insegnamenti sono riuscito ad affinare le mie conoscenze in materia enologica».

Quando ha iniziato a fare vino e perché? «Nel 1961 lasciai i campi di Cellino San Marco per emigrare a Milano, facendo una promessa a mio padre: ‘Tornerò e realizzerò un’azienda vinicola che porterà il tuo nome’. E così è stato. Nel 1973 è nato il mio primo vino ‘Don Carmelo’ dedicato a mio padre Carmelo».

La sua è una famiglia storicamente legata al vino. Tutto cominciò dal trisavolo e dai briganti... «Mio nonno Antonio, carbonaio di mestiere, era uno dei pochi costretto dai briganti che frequentavano le campagne intorno a Cellino San Marco al rifornimento di vettovaglie, tra cui l’immancabile vino».

Qual è stato il calice che ha dato la spinta al suo sogno di realizzare una cantina? «Non c’è un vino in particolare. Diciamo che la spinta è arrivata da un profondo desiderio di riscatto per la mia terra. Ricordo da bambino che dalla stazione ferroviaria Squinzano (a pochi chilometri da Cellino San Marco, ndr) ogni giorno partivano convogli/cisterna verso la Toscana, il Piemonte, il Veneto o la Francia, carichi di negroamaro, di primitivo e di nostri sacrifici. Con l’avvento dei vini imbottigliati in Puglia, fortunatamente, si è intrapreso un processo di valorizzazione dei nostri vitigni, considerati da sempre prodotto da taglio per i più nobili a altisonanti vini del nord e francesi. I nomi sono Platone, Taras, Felicità, Don Carmelo».

Qual è il prodotto che più la rappresenta e perché? «Sarebbe come chiedere a un padre a quale figlio è più legato oppure come chiedere ad un cantante qual è il brano preferito del suo repertorio... Sono un estimatore dei prodotti di qualità, che hanno struttura e che raccontano una storia».

Che rapporto c’è tra musica e vino? «Per me è un legame indissolubile e primordiale. Entrambe sono arte e conoscenza. Per quanto mi riguarda io sono un contadino prestato alla musica: per 51 anni il cantante ha lavorato duramente per consentire al contadino di esistere, ma nel 2019 appenderò il microfono al chiodo e mi dedicherò alla produzione di uva e vino a tempo pieno».

Qual è la sua filosofia? «Il claim della mia azienda è ‘Vivo per la qualità’».

Ritiene la sua terra di bianchi o di rossi e perché? «Da sempre la vocazione è per i rossi, ma il Salento ha la fortuna di essere bagnata da due mari: lo Ionio e l’Adriatico; la latitudine e la posizione rispetto ai venti favorisce un microclima ideale per lo sviluppo di bianchi internazionali d’eccellenza come lo Chardonnay e il Sauvignon senza dimenticare i nostri autoctoni Fiano e Verdeca».

In quali paesi e in quali lingue ‘cantano’ i vini di Albano Carrisi? «Russia, Canada, Kazakistan, Usa, Albania, Germania, Svizzera. E negli ultimi anni ‘cantano’ anche in Cina»

Quali le novità per il 2018? «La più importante è che mia figlia Romina ha deciso di dedicarsi alla mia azienda vinicola. Dal suo rientro dagli Usa, infatti, ricopre il ruolo di export manager. La tradizione di famiglia continua».