Martedì 23 Aprile 2024

D’Auria "Il vignaiolo lavora come un artista Racconta storia e sapori legati alla terra"

Le previsioni del presidente del Movimento turismo del vino: "Quest’anno a Cantine Aperte contiamo di avere il 30% in più di visitatori"

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Beppe

Boni

Collina o pianura non importa, i turisti del vino vanno dove li porta il cuore, seguono percorsi alternativi alla ricerca di un buon bicchiere, ma anche di emozioni legate al territorio. Tutto qui, ma non è poco. Nicola D’Auria, imprenditore vinicolo di Ortona (Chieti) in Abruzzo dove ha sede la sua cantina, Dora Sarchese, è il presidente del Movimento italiano turismo del vino, l’associazione che guida i viandanti del buon bere alla ricerca della vacanza d’autore.

Domanda d’obbligo. Qual è lo stato dell’arte del turismo del vino?

"Dopo le difficoltà dovute all’emergenza sanitaria le presenze sono in forte ripresa. Contiamo di tornare rapidamente ai numeri del 2019".

Cosa avete imparato dall’emergenza?

"La crisi ha messo in ginocchio molte aziende, ma le difficoltà ci hanno insegnato a lavorare meglio e a inaugurare nuove iniziative".

Esempio?

"Quando era consigliabile non ricevere le persone al chiuso ci siamo concentrati sulle visite e sulle degustazioni all’aperto, nei vigneti. Oltre al vino abbiamo portato il pubblico a scoprire come nasce il grappolo d’uva".

Cantine aperte, che benefici ha portato la manifestazione alle aziende in questi anni?

"È un modo per attirare il grande pubblico in azienda. Funziona molto bene. E per avere certezza delle presenze dal 2021 abbiamo cominciato a lavorare con le prenotazioni".

Previsioni per quest’anno?

"Se tutto va bene contiamo di avere il 30% per cento in più di visitatori. Siamo alla trentesima edizione.

L’Associazione oggi che consistenza ha?

"Il Movimento turismo del vino è nato nel 1993 ed è un grande veicolo di promozione. Oggi contiamo circa 850 soci e copriamo tutta Italia. Qualcuno lo abbiano perso per strada durante la pandemia".

Le donne che spazio hanno?

"Nel consiglio ci sono 4 donne su 7 posti. Le imprenditrici che si dedicano al vino sono in netto aumento. Hanno anche una loro associazione che promuove sempre il turismo, il Movimento donne del vino".

Cosa deve offrire una cantina per attirare i turisti?

"L’enoturismo deve far scoprire il territorio, il folklore, la gastronomia, i sapori. E l’azienda deve formare i propri operatori nel saper gestire l’accoglienza. Poi bisogna conoscere due o tre lingue, la cultura del luogo. Oggi dobbiamo essere imprenditori, ma anche guide turistiche".

La politica vi assiste?

"Abbiamo un buon rapporto con le istituzioni e con loro è fondamentale saper dialogare per ottenere risultati".

Come ce la caviamo con il marketing rispetto ai Paesi stranieri che puntano sul turismo enologico?

"Forse dobbiamo organizzarci meglio e sfruttare di più la comunicazione digitale. Sono molto bravi i francesi, gli spagnoli e gli americani. Ma in fondo l’accoglienza italiana non ha nulla da imparare dalla concorrenza straniera".

Che rapporto c’è fra enoturismo e gli altri asset turistici?

"Andare a braccetto attraverso accordi con le altre destinazioni è difficile. Noi dobbiamo far conoscere e un turista che va al mare verrà poi a fare una visita in cantina e magari si ferma qualche giorno. Bisogna distinguersi per la qualità".

Che consiglio si sente di dare a un giovane imprenditore?

"Intanto diciamo che i giovani che si dedicano al vino sono in aumento. Devono cominciare lavorando la terra. Si parte da lì, dalla vigna coltivata, dalla radice. La cantina arriva dopo quando si è compreso cosa c’è a monte".

Le cantine più piccole hanno spazio?

"Direi che ne hanno di più. Il turista vuole conoscere l’artista che c’è dietro una piccola azienda, scoprire gli uomini e le donne che lavorano con passione artigianale. Il clima familiare è un valore. Piccolo è bello, nessun dubbio".

Cosa apprezzano maggiormente gli stranieri?

"Certo, vogliono bere bene perché il vino è il sapore dell’Italia che si portano a casa. Sono curiosi di capire come lavoriamo e come avviene la produzione. In fondo i vigneti sono musei a cielo aperto".

Il rapporto cibo -vino?

"È un aspetto fondamentale. Il turista che si ferma in azienda vuole anche conoscere i piatti del territorio che visita. Dietro un bicchiere d’autore ci deve sempre essere un piatto che racconta il territorio e la sua storia".

Pochi piatti ma buoni?

"Dipende. A volte bisogna saper offrire anche una grande varietà di cibo. In Italia da un borgo all’altro ci sono tipicità diverse. E su questo aspetto bisogna sempre essere preparati. L’improvvisazione non paga. E servono sempre idee originali".

Fuori la sua?

"La mia azienda è l’unica in Italia che dispone di una fontana del vino sempre in funzione durante le visite. Si entra in una grande botte aperta e lì si beve il vino alla fontana. E i turisti scattano un selfie".

Qual è il vino top della sua azienda?

"Naturalmente il rosso di Montepulciano".

Cosa pensa della sostenibilità che tutti invocano?

"È un aspetto fondamentale. L’associazione da tempo segue alcuni progetti su questo fronte, perché siamo convinti che il rispetto per l’ambiente e l’adesione a principi etici e sociali siano alla base dell’agricoltura".

Cos’è il patto di Spello?

"È un accordo siglato tra le più importanti organizzazioni italiane che si occupano di turismo enogastronomico: Città del vino, Città dell’olio, Movimento turismo del vino, Movimento turismo dell’olio, Federazione italiana delle strade del vino, dell’olio e dei sapori. Una bella squadra".