Con il sostegno di:

Vitiligine, arriva una terapia ad hoc

Il trattamento è già approvato negli Stati Uniti, con risultati di notevole miglioramento per molti pazienti

21/05/2023

«Finalmente in arrivo terapie ad hoc per la vitiligine, una patologia che colpisce tra l’1 e il 2% della popolazione mondiale e che sino adesso era ‘orfana’ per l’assenza di farmaci registrati per il trattamento»: a dirlo è il prof. Mauro Picardo, Coordinatore della Task Force per la vitiligine della SIDeMaST, la Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse. Negli ultimi anni l’attenzione verso la vitiligine è molto cresciuta grazie agli studi che hanno portato ad una migliore comprensione della fisiopatologia nonché allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche. La vitiligine infatti è la terza grande patologia cutanea infiammatoria in termini di diffusione assieme
alla psoriasi e alla dermatite atopica. Viene definita un disordine acquisito cronico della pigmentazione caratterizzato da chiazze bianche che più frequentemente si presentano intorno a bocca e occhi, sul collo, mani e pieghe cutanee, ma che possono comparire in ogni area del corpo.

 

È una malattia poligenica non contagiosa, dalla patogenesi complessa perché associa difetti cutanei intrinseci, fattori scatenanti che vengono definiti l’esposoma (vale a dire la totalità degli stimoli, ambientali e non, a cui un individuo è sottoposto) e l’attivazione autoimmune che porta alla perdita di melanociti. Questi ultimi, infatti, sono distrutti dall’attacco che l’organismo rivolge contro se stesso. La malattia esordisce in modo subdolo, veloce e silenzioso in genere prima dei 30 anni, non lancia segnali e quando si manifesta, spesso è tardi per arrestarla. Ecco perché la diagnosi precoce è fondamentale per bloccarne la progressione e “rasserenare” l’ambiente cutaneo, cioè bloccare il processo infiammatorio, così da facilitare la ricomparsa dei melanociti. La sua prevalenza è stimata tra lo 0,5% e il 2% della popolazione generale e in alcune aree geografiche come in regioni dell’India, la percentuale può arrivare fino all’8%, probabilmente a causa di matrimoni tra consanguinei o a fattori ambientali.

 

In Italia i numeri si attestano intorno all’1%. Le terapie a disposizione dei pazienti fino ad oggi si basano sulla fototerapia, considerata la terapia di riferimento, che può essere associata a cortisonici topici o sistemici. Un’alternativa a questi ultimi sono gli inibitori della calcineurina, farmaci indicati per il trattamento della dermatite atopica, che svolgono un ruolo di immuno-modulatori topici: «Finalmente – continua il prof. Picardo – si dispone di nuovi farmaci conosciuti come JAK inibitori (Janus Kinasi inibitori), alcuni già disponibili negli USA. Si tratta di molecole che sono state studiate specificamente per la vitiligine, alcune per il trattamento sistemico ed una per via topica approvata dalla FDA americana e che ha avuto di recente il via libera dalla CHMP dell’ EMA».

 

La terapia ha già dimostrato una efficacia significativa: «La percentuale di ri-pigmentazione – spiega Picardo – va dal 30 sino al 70-90% in una percentuale significativa di pazienti trattati, ma la rigenerazione cellulare è estremamente soggettiva. Basti pensare al meccanismo di imbiancamento dei capelli che varia da persona a persona. La terapia topica è stata valutata positivamente dal CHMP per una vitiligine non superiore al 10% della superficie corporea che coinvolga anche il viso; questa parte del corpo, infatti, è quella che risponde meglio alla terapia».

 

La sperimentazione non ha previsto per il momento l’associazione con la fototerapia perché l’obiettivo è stato verificare l’efficacia della molecola in sé, prosegue l’esperto, ma questo non esclude in futuro la possibilità dell’abbinamento delle due cose: «Gli studi – conclude il medico – hanno dimostrato anche che più tempo dura la terapia, maggiore è la risposta del paziente. Occorrono dai 4-6 mesi ad un anno per vedere risultati soddisfacenti. I dati presentati all’ultimo Congresso dell’American Academy of Dermatology hanno dimostrato un ulteriore miglioramento in pazienti che hanno continuato il trattamento per due anni, sempre in assenza di abbinamento ai raggi ultravioletti. Ma per favorire la rigenerazione cellulare è fondamentale spegnere i processi infiammatori della chiazza e delle zone limitrofe». Sul tema vitiligine, la SIDeMaST ha dato origine ad una task force che punterà anche alla creazione di un registro per acquisire sempre più dati per arrivarea rivedere anche le linee guida ad oggi inesistenti».

 

 

Piccole molecole bloccano il prurito

 

 

La dermatite atopica è una malattia infiammatoria cronica recidivante che è caratterizzata da lesioni rosse soprattutto sulle braccia ma anche sulle gambe e sul volto. È la più comune malattia infiammatoria della pelle: patologia invalidante molto diffusa in età pediatrica ma che colpisce sempre più gli adulti. Oggi, grazie a un approccio sempre più multidisciplinare, ambulatori specializzati e terapie di nuova generazione, è possibile agire rapidamente sia sul prurito che sulle lesioni cutanee. I nuovi farmaci possono essere definiti come piccole molecole che vanno ad agire bloccando le vie infiammatorie intracellulari. Sul sintomo del prurito è un farmaco estremamente celere: addirittura a uno o due giorni dall’inizio della terapia il paziente già trova giovamento. Ovviamente la risoluzione, il controllo della dermatite richiederà più tempo, ma nel frattempo il paziente non avrà più prurito.