Una indagine CIPOMO nelle oncologie del Paese fa emergere due questioni estremamente significative
«C’è una distanza fisica e c’è una distanza di relazione tra medici e pazienti oncologici: serve un ripensamento del SSN, per costurire una ’oncologia di prossimità’ in qualità e in sicurezza»: non usa mezzi termini la professoressa Luisa Fioretto (nella foto), Direttore del Dipartimento Oncologico dell’Azienda Sanitaria Toscana Centro, nel presentare l’indagine CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri) su quasi 1000 pazienti con il cancro, con età media di 65 anni, seguiti nelle strutture di oncologia nelle diverse realtà regionali del Paese.
Dall’indagine emergono due dati sconcertanti: innanzitutto, un paziente su 4 è costretto a percorre oltre 30km per curarsi; in secondo luogo, un paziente su due sente la necessità di un miglioramento della capacità di ascolto e comunicazione, e l’attivazione di servizi di supporto psicologici. «Ricevere una diagnosi di cancro può sconvolgere la vita di un paziente, sia sotto il profilo emotivo che pratico – spiega Luisa Fioretto che è Presidente CIPOMO e Socio fondatore della Scuola Humanities in Oncology –. Le cure, i controlli e la nuova quotidianità con la malattia possono mettere alla prova anche i pazienti più resilienti, i quali si trovano a dover affrontare ostacoli pratici, anche economici, e disagi emotivi. In questo contesto il nostro compito non è quindi solo curare la malattia, ma la persona nella sua interezza. Dalla voce dei pazienti dal nord al sud del Paese emerge la necessità di cure assistenziali più orientate alla persona».
I dati mostrano come il 96% dei pazienti abbia sperimentato diverse criticità dalla diagnosi ai controlli. La maggior parte ha dichiarato di raggiungere il centro oncologico di riferimento dopo un viaggio medio-lungo. La distanza media percorsa dal 32% dei pazienti si aggira tra i 10 e i 30 chilometri, ma per il 20% il luogo di cura è lontano oltre i 30 chilometri. Il 63% dei pazienti ha raggiunto il centro in auto insieme a un familiare o a un amico e il 23% dichiara che, mediamente, il tempo di attesa per la visita supera i 60 minuti.
Un aiuto in questo senso potrà arrivare dalla telemedicina, ma «c’è molta differenza tra i territori – spiega ancora fioretto – qualche realtà è più avanti, ma servono le strutture adatte per i professionisti». Altrettanto importante è l’aspetto psicologico: per il 50% dei pazienti la fase più impegnativa è stata quella della diagnosi, seguita dalla cura (22%), dalla recidiva della malattia (15%) e dal follow-up (1%). A pesare sono le distanze, anche emotive. Fioretto sottolinea che «il ’tempo di ascolto’ è un tempo di cura, mentre invece oggi i medici sono costretti a spendere molto tempo nella parte burocratica, a discapito proprio del tempo di ascolto del paziente».
«C’è un gran bisogno di una buona comunicazione, elemento fondamentale nel percorso di cura – evidenzia Fioretto –. Accanto alle competenze tecnicoscientifiche, all’oncologo è richiesto di acquisire anche competenze comunicativo-relazionali. La comunicazione medicopaziente, così come quella con i famigliari e i caregiver, assume sempre di più un’importanza strategica nella lotta ai tumori. È alla base della costruzione di una alleanza terapeutica tra il medico e il malato e tra il medico e i caregiver, a beneficio dei pazienti e anche dell’operatore stesso».
A testimonianza che non esiste contrapposizione tra la medicina basata sull’evidenza e le competenze relazionali del medico, c’è il volume “I medici raccontano. Storie di vita e di malattia”, a cura di Luisa Fioretto e Alberto Scanni, presidente emerito e socio fondatore della scuola CIPOMO Humanities in Oncology. «È una raccolta di storie scritte da professionisti dell’oncologia, per ricordare a tutti che le competenze scientifiche e le competenze relazionali non sono due saperi distinti – spiega Scanni – . L’edizione aggiornata ha preceduto l’avvio della Scuola ‘Humanities in Oncology’, che dà ampio spazio anche all’approccio narrativo in medicina. L’obiettivo è di dotare gli operatori sanitari di strumenti in grado di migliorare l’esperienza di cura per il paziente».