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Tremori involontari, campanello d’allarme del Parkinson

La stimolazione profonda con elettrodi ripristina l'armonia dei movimenti

08/04/2022

Secondo le stime più recenti, in Italia mezzo milione di persone manifestano segni più o meno legati alla malattia di Parkinson, la seconda affezione neurodegenerativa più comune, dopo l’Alzheimer. La patologia è caratterizzata da tremori involontari, lentezza nei movimenti, rigidità degli arti, perdita di equilibrio. La dimensione del problema è evidenziata dalla Organizzazione Mondiale della Sanità che prevede ben 12 milioni di parkinsoniani entro il 2040, con una prevalenza negli uomini (1,5 volte superiore alle donne). L’età di esordio del Parkinson si è abbassata, nel 50% dei casi insorge tra i 40 e i 60 anni. Della malattia e delle sue implicazioni personali, cliniche, sociali, si parla molto, In vista della ricorrenza, domenica, 10 aprile, della Giornata Mondiale del Parkinson.

 

L’impatto della pandemia

La cura di questa neuropatia è una delle grandi sfide del futuro. L’impatto del Covid ha compromesso tante relazioni interpersonali. Le limitazioni generano ansietà, depressione e decadimento cognitivo. Si aggiunga che la pandemia e le difficoltà negli spostamenti hanno limitato i supporti infermieristici e le sedute di fisioterapia rinviando o annullando molte visite di controllo . Una emergenza che le soluzioni tecnologiche (consulenza telefonica, messaggistica e videochiamate) hanno solo in parte alleggerito.

 

Disordini del movimento

In termini clinici, la malattia di Parkinson (da James Parkinson, farmacista chirurgo londinese del XIX secolo che per primo ne descrisse le caratteristiche) rientra nei cosiddetti disordini del movimento da ricondurre alla progressiva scomparsa dei neuroni situati nella sostanza nera, piccola area del cervello che, attraverso la dopamina, controlla i gesti volontari. La perdita di oltre il 60% di queste cellule genera la patologia che solitamente si manifesta con sintomi quali tremori involontari di alcuni segmenti corporei (una mano, un piede); rigidità muscolare; bradicinesia, ovvero rallentamento progressivo delle attività motorie; acinesia, cioè difficoltà ad iniziare un movimento; instabilità posturale e conseguente perdita dell’equilibrio. Ai sintomi che riguardano l’area motoria se ne associano altri, spesso non identificati, quali postura curva, voce flebile confusa, difficoltà di deglutizione, stipsi, disturbi urinari, pressione arteriosa.

 

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Monitoraggio e supporti

Ad oggi la malattia di Parkinson viene affrontata con un insieme di strumenti finalizzati a migliorare i sintomi: monitoraggio, trattamenti farmacologici, interventi chirurgici, supporti psico-sociali, esercizio fisico, rieducazione motoria, dieta bilanciata aiutano a convivere con una quotidianità molto difficile. Le terapie farmacologiche puntano a mantenere una condizione fisica accettabile per lunghi periodi. Da citare la levodopa (L-DOPA, precursore della dopamina), terapia non sempre facilmente reperibile ma che può migliorare la sintomatologia parkinsoniana anche per anni; a questa si possono aggiungere gli inibitori delle monoamino ossidasi (MAO-B); gli anticolinergici per il controllo del tremore; l’amantadina impiegata nelle forme iniziali oppure, ancora, gli enzimi deputati a degradare la levodopa e che vengono impiegati per renderla più tollerabile.

 

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Stimolazione profonda

È però sul fronte della neurochirurgia funzionale che la scienza ha fatto i passi più significativi. Soprattutto con la stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation-DBS), oggi la procedura chirurgica più evoluta per ridurre i sintomi legati ai disturbi del movimento. La DBS è un intervento efficace e sicuro che prevede l’introduzione di un sottilissimo elettrodo nell’area  responsabile dei tremori, collegato a un piccolo stimolatore impiantato sottocute, all’altezza della clavicola. Gli impulsi elettrici arrivano a stimolare il centro nervoso individuato come bersaglio e favoriscono la migliore trasmissione dei segnali dal cervello, riducendo drasticamente i sintomi motori incontrollati.

 

Meccanismo d’azione

I dispositivi impiantabili sono dotati di batterie tradizionali che si esauriscono dopo circa 5 anni e devono essere sostituite, oppure di batterie ricaricabili, con previsione di durata fino a 25 anni, che possono essere gestite direttamente dal paziente. La ricarica offre un formidabile vantaggio, risparmia interventi di sostituzione del dispositivo (in media 2-4 nel corso della vita), le complicanze associate alle sostituzioni , le possibili perdite di efficacia.

 

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Remissione dei sintomi

Le evidenze cliniche sulla DBS confermano miglioramenti già nei primi giorni successivi all’intervento ma uno degli aspetti più rilevanti è soprattutto la riduzione dei farmaci dopaminergici fino all’80%, mentre alcuni pazienti non necessitano più di alcuna terapia farmacologica. In Italia il ricorso alla stimolazione profonda è tuttora limitato, sia per mancanza di un efficace network fra neurologi e neurochirurghi, sia per la disomogeneità delle procedure e dei sistemi di rimborso a livello regionale, perché ogni amministrazione si regola in modo autonomo rispetto alle altre.