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Trapianto di cuore da animale all’uomo, vantaggi e limiti

Tessuti suini già utilizzati nelle valvole cardiache. Incognite e speranze

13/01/2022 - di Alessandro Malpelo

Un passo avanti importante atteso da tempo. Negli Stati Uniti i chirurghi hanno trapiantato un cuore di maiale (tessuti modificati geneticamente per renderli istocompatibili e migliorare l’attecchimento) in un uomo di 57 anni con cardiopatia allo stadio terminale. Un intervento senza precedenti, un traguardo al quale si lavora da decenni, che apre la strada a un capitolo della medicina mai tentato prima d’ora.

 

Lo xenotrapianto, questo il termine utilizzato per indicare il prelievo di un organo da una specie animale per successivo impiego su un essere umano, è una metodica che spesso in passato è stata ingiustamente demonizzata, e che periodicamente viene invocata per sopperire alla cronica carenza di donatori. Secondo la Food and Drug Administration, FDA, negli States ogni giorno muoiono 10 pazienti in lista d’attesa per un organo che manca all’appello o che non arriva, perché le necessità sono di gran lunga superiori al numero di prelievi umanamente possibili su donatori deceduti, e non parliamo solo cuore ma anche di fegato, rene, polmone, sangue e midollo osseo.

 

VIDEO. Come funziona il trapianto da animale a uomo

 

Ricordiamo che tessuti di suino e bovino sono già da tempo utilizzati con successo per la sostituzione delle valvole cardiache (aortica, polmonare) usurate per sfiancamento. Quelle valvole, hanno ribadito i cardiologi dell’Harvard Medical School, sono in grado di svolgere 15 anni di duro lavoro senza richiedere l’uso di farmaci anticoagulanti, al contrario di una valvola meccanica, che può durare per tutto l’arco dell’esistenza di una persona.

 

La notizia dell’operazione ha fatto il giro del mondo. «Finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di avviare questo tipo di sperimentazione», ha detto Cesare Galli, fondatore e direttore di Avantea, che da anni conduce ricerche su modelli di suino per i trapianti. In passato si sono «temuti i rischi dei retrovirus suini, ma erano timori infondati, e ci sé fermati anche di fronte all’incertezza della durata del trapianto».

 

Sospeso tra la vita e la morte

 

Finora, in tema di xenotrapianti, si sono realizzate quasi esclusivamente prove in laboratorio: occorre passare ai test sull’uomo per capire bene come procedere. Attualmente il problema più assillante, nei trapianti da animali a uomo, è la capacità di reggere alle sollecitazioni, rileva Galli: finora un babbuino con il cuore di un maiale è sopravvissuto sei mesi, in un esperimento pubblicato due anni fa sulla rivista Nature.

 

L’anno scorso ricercatori della NYU Langone Health, complesso ospedaliero della New York University, hanno sperimentato l’impianto di un rene di maiale geneticamente modificato per un lasso di tempo limitato, esclusivamente a fini di studio, sul corpo di una donna deceduta sottoposta a perfusione. C’è ancora tanta strada da fare nel campo negli xenotrapianti, ma la direzione è ormai tracciata.

 

La normativa attuale pone grossi paletti al lavoro dei ricercatori italiani, vincoli che gli scienziati degli altri paesi europei non hanno. Questo il giudizio degli studiosi della Federazione Italiana Scienze della Vita (FISV), sodalizio che riunisce sedici società scientifiche e ottomila ricercatori italiani (www.fisv.org). Per esempio persiste il divieto di utilizzare gli animali per gli xenotrapianti al fine di produrre organi compatibili, come pezzi di ricambio. Tanto per fare un esempio circa 700mila valvole cardiache salva-vita di origine suina e bovina sono state trapiantate finora nei pazienti, dopo sperimentazioni internazionali, condotte prevalentemente nei paesi anglosassoni, un ragguardevole numero di vite umane salvate, che altrimenti avremmo perso.

 

La ricerca mondiale si sta adoperando, come si vede, per compiere passi avanti nel campo dei trapianti. Grazie ai primati non umani, in un passato recente è stato possibile, ad esempio, sviluppare il vaccino anti Ebola e diverse terapie antiretrovirali anti-AIDS che oggi restituiscono ai soggetti HIV+ l’aspettativa di vita sempre più ampia, ovvero quella che avevano prima di ammalarsi. Stesse terapie che oggi si stanno utilizzando sui Covid-19 (vaccini mRna, antivirali anti Sars-Cov2, anticorpi monoclonali), e che stanno offrendo una speranza concreta per il bene dell’umanità, nella prospettiva di uscire presto dalla pandemia fermando questo continuo sacrificio in termini di vite umane.