Con il sostegno di:

Sonno e salute, si può stare bene anche dormendo poche ore

Se la qualità del sonno è buona, anche dormendo meno delle otto ore consigliate il sistema immunitario non ne risente

03/10/2022

Quanto si dorme è fondamentale per la nostra salute, ma anche come si dorme fa la differenza. Un’osservazione quasi banale che deduciamo dalla nostra esperienza quotidiana, a cui un nuovo studio aggiunge adesso un po’ di solidità scientifica. I ricercatori hanno indagato gli effetti di una durata del sonno limitata sul sistema immunitario e hanno scoperto che anche dormendo meno delle fatidiche otto ore raccomandate si può godere di una salute ottimale, a patto che il riposo sia di buona qualità. Se invece si dorme male, oltre che poco, aumenta significativamente il rischio di contrarre malattie respiratorie causate da virus, come raffreddore e influenza.

 

Lo studio ha seguito 1318 nuove reclute dell’esercito, prima, durante e al termine del loro addestramento militare di dodici settimane. In questo periodo i partecipanti dormivano in media due ore in meno rispetto a quanto facevano nella loro vita “civile”; nonostante la privazione rispetto al loro riposo abituale, metà di essi ha comunque riferito di avere dormito bene. In generale le reclute sono risultate quasi tre volte più soggette alle infezioni respiratorie, ma sviscerando i dati si è scoperto che la riduzione del sonno aveva effetti negativi solo su quelle che avevano dormito male. A parità di ore dormite, una buona qualità del sonno agiva invece come una protezione contro queste malattie.

 

“Qui ci sono due messaggi chiave”, commenta uno degli autori, il professor Neil P Walsh della Liverpool John Moores University, “Primo, che una riduzione del sonno può portare ad ammalarsi più spesso. Secondo, nonché più sorprendente, che possiamo vivere anche con un sonno ridotto se è un sonno di qualità. Si tratta di un messaggio molto utile nel nostro mondo frenetico, dove il sonno viene spesso sacrificato per fare spazio a impegni e occupazioni”.

 

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Sleep.