Con il sostegno di:

Sindrome dell’occhio secco? Lacrime artificiali sì, ma con misura

L’uso eccessivo può portare a congiuntiviti e cheratiti. Deve sempre essere l’oculista a decidere terapia e dosaggi

23/01/2023 - di Maurizio Maria Fossati

Prurito, sensazione di sabbia negli occhi, pesantezza delle palpebre, bruciore. Quando le lacrime scarseggiano, ecco in agguato la “sindrome dell’occhio secco”. I casi di secchezza oculare sono oggi aumentati in modo significativo anche a causa dell’inquinamento atmosferico e dello stile di vita. Il lavoro in ambienti con aria condizionata o secchi per l’eccessivo riscaldamento e l’attività continuativa al pc certo non fanno bene alla salute dell’occhio.

 

Non dobbiamo trascurare, inoltre, la relazione che possono avere le irritazioni agli occhi con l’incremento dei casi di allergia degli ultimi anni. Ma allora che fare? «Un po’ di sollievo possiamo trovarlo nell’impiego delle lacrime artificiali – spiega il dottor Lucio Buratto –. Sono colliri a base di sostanze più o meno viscose e dense che possiedono l’azione detergente, lubrificante e umettante delle lacrime naturali.

 

Oggi lo sviluppo di nuovi conservanti meno tossici per la superficie oculare hanno permesso ai pazienti di tollerare maggiormente la terapia sostitutiva lacrimale. Le lacrime artificiali, se in forma di monodose non contengono conservanti, che possono essere dannosi per l’occhio in caso di somministrazioni prolungate, per cui sono utilizzabili con frequenza e per lunghi periodi. Attenzione però, perché l’uso sconsiderato di lacrime artificiali o altri colliri potrebbe essere causa di cheratiti o di forme irritative di congiuntivite per cui è sempre bene che sia il medico oculista a indicare la giusta terapia».

 

E dagli Stati Uniti arriva l’annuncio di una nuova scoperta scientifica. I ricercatori dell’Apte Laboratory di St. Louis hanno recentemente analizzato i geni espressi dalla cornea di topi affetti da malattia dell’occhio secco scoprendo che la cornea ha attivato l’espressione del gene SPARC e che livelli più elevati di questa proteina sono associati a una migliore guarigione dal disturbo.

 

La scoperta è ancora molto lontana da applicazioni concrete, anche considerando la notevole differenza che esiste tra un topo e un uomo, ma la proteina identificata potrebbe tracciare la strada verso nuove terapie o trapianti di cellule ingegnerizzate per curare lesioni corneali in pazienti con secchezza oculare.

 

20 secondi per riposare gli occhi

 

 

Passiamo ormai molte, moltissime ore al giorno davanti a uno schermo: pc, tablet, smartphone e tv. Ma è sopratutto sulla forma di affaticamento degli occhi dovuto al lavoro prolungato di fronte al computer che si sono cocnentrati, negli ultimi anni, gli studi per ’quantificare’ questo affaticamento e per trovare qualche forma di sollievo.

 

Una delle soluzioni più note e consigliate è la cosidetta regola del 20-20-20: fare una pausa di almeno 20 secondi, ogni 20 minuti, per guardare qualcosa che si trova ad almeno 20 piedi di distanza, cioè sei metri. Ora la sua efficacia è stata confermata dagli studiosi dell’Aston University, in uno studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Contact Lens and Anterior Eye, per alleviare alcuni dei sintomi dell’uso prolungato del computer.

 

Si stima che almeno la metà delle persone che utilizzano i computer per lavoro regolarmente soffra di una qualche forma di affaticamento della vista, con conseguenti problemi alla superficie dell’occhio, tra cui irritazione e secchezza, o problemi come mal di testa o visione offuscata. Questa è la prima volta che la regola di orientamento del 20-20-20 è stata adeguatamente convalidata.

 

I ricercatori hanno avviato lo studio con l’aiuto di 29 partecipanti che soffrono di sintomi di affaticamento degli occhi. Un software speciale scaricato sui computer portatili dei partecipanti ha utilizzato la fotocamera del laptop integrata sia per verificare se un utente fosse seduto davanti allo schermo sia per monitorare la direzione dello sguardo ogni pochi secondi.

 

Dopo 20 minuti di visualizzazione continua dello schermo, il programma ha visualizzato un messaggio in cui si chiedeva agli utenti di riposare per 20 secondi mentre guardavano un obiettivo distante, ad esempio fuori dalla finestra o dall’altra parte di una stanza. Il messaggio non poteva essere rimosso fino a quando l’attività non veniva eseguita correttamente, come misurato dall’app.

 

I sintomi dell’affaticamento oculare digitale dei partecipanti sono stati misurati prima e dopo due settimane di utilizzo dei promemoria e una settimana dopo il completamento dello studio. I risultati hanno mostrato una marcata diminuzione dei sintomi tra cui secchezza, sensibilità e disagio.