I ricercatori hanno rilevato piccole quantità di Dna canceroso post trattamento
La biopsia liquida – un’indagine che, attraverso un semplice prelievo di sangue, permette di rilevare e analizzare il Dna tumorale circolante (ctDna) o le cellule tumorali eventualmente circolanti nel sangue – sta diventando un’arma sempre più precisa, ed un’ultima, innovativa evoluzione del test ha dimostrato di poter prevedere la recidiva del cancro al seno, in pazienti ad alto rischio, mesi o addirittura anni prima che si verifichi una ricaduta.
Un team di ricerca dell’Institute of Cancer Research di Londra ha utilizzato una biopsia liquida ultrasensibile per rilevare la presenza di piccole quantità di Dna canceroso rimaste nel corpo dopo il trattamento per il cancro al seno in fase iniziale. I risultati hanno mostrato che il rilevamento del ctDna era associato a un alto rischio di recidiva futura e ad una sopravvivenza globale più scarsa. La malattia molecolare residua è stata rilevata in tutti gli 11 pazienti che hanno poi avuto recidive.
Le cellule del cancro al seno «possono rimanere nel corpo dopo l’intervento chirurgico e altri trattamenti, ma possono essere così poche da non essere rilevabili. Queste cellule possono causare ricadute molti anni dopo il trattamento iniziale. Gli esami del sangue ultrasensibili potrebbero offrire un approccio migliore per il monitoraggio a lungo termine dei pazienti con alto rischio di recidiva», sottolinea il primo autore dello studio. Isaac Garcia-Murillas.
Tra Bologna e Londra sta nascendo una nuova terapia contro i tumori delle ossa. Una alternativa alle Car-T, meno costosa e più veloce, e più adatta ai tumori solidi. A metterla a punto il Laboratorio di oncologia sperimentale dell’Istituto ortopedico Rizzoli, diretto da Katia Scotlandi, insieme ai ricercatori dell’University College di Londra. Si tratta di un nuovo tipo di immunoterapia, la cui sperimentazione preclinica per ora ha avuto successo. L’osteosarcoma è il tumore osseo più comune negli adolescenti e nei giovani adulti, pur essendo relativamente raro, ed è anche un tumore difficile da trattare.
Nonostante i progressi, infatti, la cura è ancora legata all’uso della chemioterapia. I ricercatori inglesi hanno scoperto che l’utilizzo di un piccolo gruppo di cellule immunitarie, un sottoinsieme chiamato ‘T gamma-delta’, potrebbe fornire una soluzione efficiente ed economica, contribuendo a migliorare la terapia dei pazienti affetti da osteosarcoma. «Le cellule ‘T gammadelta’ sono un tipo specifico di cellula immunitaria e sono caratterizzate da forti proprietà antitumorali innate – spiega Scotlandi – possono uccidere bersagli marcati con anticorpi e possono essere somministrate in modo sicuro, senza il rischio di malattia del trapianto contro l’ospite».
Per produrre queste cellule, viene prelevato il sangue da un donatore sano. Le ‘T gamma-delta’ vengono poi trattate con interventi di bioingegneria per rilasciare anticorpi specifici diretti contro il tumore e sostanze chimiche immunostimolanti, chiamate citochine. Questo nuovo trattamento, peraltro, può essere alternativo alle cellule Car-T, «in quanto si è rivelata più efficace sui tumori solidi, oltre che essere meno costosa e più veloce – sottolinea ancora Scotlandi – ora si tratterà di passare alla sperimentazione clinica».