Con il sostegno di:

Renata Menozzi, medici e dietisti per un’alimentazione su misura

Dopo il Covid è raddoppiato il numero dei ricoveri per anoressia nervosa

21/08/2022 - di Paolo Tomassone
Renata Menozzi nutrizione alimentazione

Negli ultimi dieci anni si sono fatti grandi passi avanti nella cura dei pazienti diabetici o con problemi legati all’alimentazione. «Oggi è più chiaro a tutti i medici che la performance di un paziente in cura, la tolleranza alle terapie, la durata della degenza in ospedale e le eventuali complicanze che si possono presentare sono strettamente legati al suo stato nutrizionale». Su questo l’Azienda Ospedaliero-universitaria di Modena ha investito parecchio negli anni, fino a costituire una vera e propria Struttura Dipartimentale di Malattie del metabolismo e nutrizione clinica con un team di professionisti sanitari sia medici che dietisti a disposizione del Policlinico e dell’Ospedale civile di Baggiovara. A dirigere la struttura è Renata Menozzi.

 

Dottoressa, come è organizzato il vostro lavoro?

«Ci occupiamo dei pazienti con problematiche diabetologiche e nutrizionali ricoverati in tutti i reparti dei due ospedali. Tra i pazienti ricoverati infatti un 12-15% circa è affetto da diabete mellito e una percentuale è molto più alta riguarda invece i pazienti a rischio nutrizionale soprattutto per malnutrizione. Questi pazienti vengono valutati in consulenza e presi in carico dai professionisti del nostro team fin dall’inizio del loro percorso di cura in ospedale, che può essere anche per altra causa, poi seguiti fino alla dimissione. Per i pazienti più fragili e complessi è stato strutturato un percorso di presa in carico ambulatoriale post-dimissione per il completamento del trattamento nutrizionale o diabetologico iniziato durante il ricovero. Questo percorso si realizza in sincronia con le altre visite specialistiche programmate cui questi pazienti devono sottoporsi o in concomitanza della somministrazione di terapie specifiche – come radio o chemioterapia, immunoterapia o infusione di farmaci biologici – al fine di facilitarne il complesso percorso di cura».

 

Perché avete scelto questa modalità di intervento?

«È una modalità di lavoro che si è sviluppata negli ultimi anni, grazie al supporto lungimirante della nostra direzione sanitaria e generale. La ritengo personalmente molto efficace soprattutto perché mette al centro il paziente con le sue necessità e attorno a lui fa ruotare i vari professionisti coinvolti; in questo modo si riescono a fornire più prestazioni sanitarie e a dare più risposte ai pazienti nello stesso momento, nello stesso luogo, senza bisogno di riconvocarli in un momento successivo e questo facilita molto i percorsi di cura più complessi».

 

Quindi i vantaggi sono di tipo organizzativo?

«Non solo. Come dicevo ne giovano anche i pazienti. I nostri sono ospedali di terzo livello e i pazienti ricoverati qui e che prendiamo in carico hanno percorsi di cura abbastanza complessi. Un’obesità grave, per esempio, spesso porta con sé un insieme di problematiche – cardiovascolari, respiratorie, diabete, ipercolesterolemia per citarne alcune – che vanno gestite contemporaneamente da più specialisti. I pazienti diabetici che arrivano nei nostri ospedali hanno spesso situazioni ancora più complicate: possono aver avuto un infarto o una diagnosi oncologica, subito un trapianto di fegato o di rene o di midollo, esser stati sottoposti all’asportazione del pancreas o possono essere in chemioterapia o sotto cortisone ad alte dosi. Tutte problematiche che vanno gestite contemporaneamente e rendono il trattamento del diabete più complesso. Avere i diversi specialisti nello stesso luogo, coordinati e sincronizzati fra di loro, abituati a lavorare in team multidisciplinari facilita notevolmente i percorsi dei pazienti e ritengo sia un valore aggiunto non da poco».

 

Il bilancio di questi anni quindi è positivo?

«Sì, molto. È aumentata la sensibilità per le problematiche che trattiamo ed è aumentato tantissimo il lavoro. Fino al 2015 eravamo due medici e tre dietisti, adesso nonostante siamo in 5 medici e 11 dietisti facciamo fatica a tenere il ritmo per la quantità di lavoro. I colleghi degli altri reparti ci chiamano sempre di più in consulenza e facciamo parte di tutti i percorsi diagnostico terapeutici e i team multidisciplinari della nostra azienda. Una conferma del modello organizzativo multidisciplinare l’abbiamo avuta lo scorso anno con la costituzione del ‘Nutritional Oncology Board’, il primo a livello regionale, che prevede per i pazienti oncologici un supporto nutrizionale integrato ai trattamenti specifici per la malattia sin dal momento della diagnosi. Questo è possibile grazie alla grande collaborazione fra oncologi, ematologi, nutrizionisti, radioterapisti, radiologi e farmacisti. Studi scientifici hanno dimostrato come una maggiore attenzione allo stato nutrizionale nella fase precoce della malattia aiuti a migliorare la qualità di vita dei pazienti, la tolleranza ai trattamenti e, per quanto possibile, a limitare le complicanze delle cure».

 

Sulle malattie legate a un eccesso ponderale non si parla mai abbastanza.

«Eppure dagli anni ’60 in poi sia il sovrappeso che l’obesità sono in aumento esponenziale e con queste anche le complicanze come diabete, dislipidemia, steatosi epatica. Questo è legato al cambiamento del nostro stile di vita negli ultimi 60-70 anni: siamo oggi molto più sedentari. Con l’emergenza Covid poi questa tendenza è anche peggiorata. Oltre all’aumento dei casi di depressione e di incremento ponderale negli ultimi due anni abbiamo raddoppiato il numero dei ricoveri per anoressia nervosa, che ha colpito in particolare le giovani».

 

Profilo biografico

Renata Menozzi è direttore della Struttura dipartimentale di Malattie del metabolismo e nutrizione clinica dell’Azienda ospedaliero universitaria di Modena. Endocrinologa, un dottorato di ricerca in scienze endocrinologiche e metaboliche, una specialità in cardiologia, ha trascorso diversi periodi di studio presso la School of Biomedical Sciences dell’Università di Nottingham, nel Regno Unito.