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Patologie femminili, una voce da ascoltare

Medicina di genere fra genetica prenatale, endometriosi e malattie rare: un incontro per fare il punto e chiedere nuove risposte

23/10/2022 - di Lisa Ciardi

Che siano rare o estremamente diffuse, le patologie femminili hanno un tratto comune: se ne parla poco e raramente, con un ritardo che spesso incide sulla possibilità di cura. Da qui l’idea di dedicare loro il forum su «La nuova medicina di genere tra patologie rare e genetica prenatale» organizzato a Firenze da QN Salus nell’ambito del «Forum della Salute» di Firenze, in collaborazione con ARIANNe Endometriosi Odv, Associazione Feconda Scelta e Koncept, con il sostegno di CDI Centro Diagnostico Italiano.

 

Moderato dalla giornalista Franca Ferri, responsabile di QN Salus, l’incontro ha avuto come relatrici Elena Mandorino, psicologa del Cdi – Centro Diagnostico Italiano; Giulia Melloni, medico genetista sempre del Cdi; Sonia Cellini, presidente e fondatrice di ARIANNe endometriosi Odv e Federica Salamino, fondatrice dell’Associazione Feconda Scelta che riunisce le donne affette dalla sindrome di Rokitansky.

 

«Il nostro obbiettivo è anticipare i tempi delle diagnosi – ha spiegato la dottoressa Melloni – tenendo conto che oggi, quando arriva la consapevolezza di un rischio riproduttivo, ci sono spesso dei problemi già evidenti, magari si è verificato un aborto spontaneo o la famiglia si sta rivolgendo a un centro per la fecondazione assistita. Per accorciare i tempi occorrono screening e test anticipati, ma anche una diversa mentalità. Dobbiamo chiederci quando una diagnosi genetica preconcezionale applicata alle cosiddette ‘coppie sane’ possa aiutare a prevenire un ampio spettro di patologie, rappresentando una risorsa preziosa».

 

«Oggi sappiamo che mente e corpo sono strettamente collegati – ha proseguito la dottoressa Mandorino – e che occorre mettere al centro il paziente nel suo complesso, in una visione olistica. La cosiddetta generatività ha un significato profondo, che ha a che fare con la necessità di continuare a esistere nel tempo. Per questo scoprire di avere problemi di fertilità è un trauma che deve essere gestito con la giusta attenzione agli aspetti psicologici. Il nostro compito è accompagnare le singole persone, ma anche formare gli specialisti, perché possano comunicare nel modo più giusto».

 

A parlare della sindrome di Rokitansky (donne che nascono senza utero e vagina, ma con ovaie funzionanti) è stata Federica Salamino dell’associazione Feconda Scelta. «Oggi esiste un’enorme lacuna culturale su temi come la genitorialità e l’infertilità – ha detto -. O ci si scontra personalmente con qualche difficoltà o si fa parte di quella fetta di popolazione che a malapena conosce questi problemi. Ci muoviamo nella cornice di una narrazione tossica verso le persone che non possono avere figli naturalmente e ricorrono all’aiuto della scienza.

 

Vogliamo invece che tutte le alternative siano considerate allo stesso modo: la scelta di non avere figli, l’adozione, il trapianto di utero che in Italia è ancora sperimentale e la «gestazione per altri» che nel nostro Paese al momento non è legale. Su questo tema assistiamo ai pregiudizi maggiori, perché non si ascoltano mai i pareri delle donne né si valuta la maternità solidale che può nascere, per esempio, all’interno di una stessa famiglia, coinvolgendo madri e sorelle».

 

«L’endometriosi è una patologia estremamente diffusa – ha spiegato Sonia Cellini di ARIANNe – che interessa una donna su dieci. Eppure se ne parla poco e tardi. Considerando che servono circa nove anni per una diagnosi completa questi ritardi hanno spesso conseguenze gravissime. Il ruolo della nostra associazione è sensibilizzare sul tema, dire che la malattia esiste e che se si verificano problemi con il ciclo mestruale occorre parlarne subito con il medico e fare i controlli in centri specializzati. Stiamo portando avanti anche vari progetti nelle scuole, come Adolescendo a Crescendo23.0».

 

 

Prevenzione vaccinale, gioco di squadra

 

 

Partire dai più giovani per contrastare la diffidenza verso i vaccini. È uno degli obbiettivi del progetto «La prevenzione è donna» nato per combattere l’esitazione vaccinale e presentato durante il Forum Sistema Salute. Il «position paper» sulle strategie per fronteggiare dubbi e incertezze organizzato nella cornice della community «Donne protagoniste in sanità», che coinvolge oltre mille professioniste del settore.

 

Condotto dal giornalista Giovanni Del Giaccio, il talk show ha visto gli interventi di Valeria Dubini, vicepresidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia e presidente AGiTe; Rocco Russo, responsabile del tavolo tecnico vaccinazioni della Società Italiana di Pediatria; Antonietta Spadea, responsabile vaccini Asl Roma 1; Guendalina Graffigna, professore ordinario e direttrice di EngageMinds Hub, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

 

Particolare attenzione è stata posta su due fasce di popolazione: le donne in gravidanza e i bambini/adolescenti i cui genitori hanno manifestato resistenze al vaccino Covid. I protagonisti del progetto si sono chiesti come mantenere alto il valore delle vaccinazioni in età pediatrica, in gravidanza e anti-Covid, ma anche come valorizzare il ruolo del medico di famiglia, del pediatra, del ginecologo e del farmacista, prime figure di riferimento e di fiducia.

 

Tante le priorità emerse: una formazione continua e condivisa per favorire competenze di ascolto empatico e di comunicazione efficace nei professionisti; un rapporto di fiducia con il medico di base e il pediatra; un’offerta vaccinale di prossimità; il coinvolgimento dei consultori familiari e incontri mirati per gli adolescenti e strumenti specifici di comunicazione usando anche gli influencer. È emersa poi la necessità di contrastare l’infodemia, ovvero la diffusione di notizie molteplici e imprecise, con un’informazione istituzionale scientifica, chiara, univoca e trasparente, coinvolgendo le stesse società scientifiche.

 

«Occorre una strategia di comunicazione istituzionale integrata sulle vaccinazioni – è stato spiegato – utilizzando linee guida e messaggi, a cura del Ministero della Sanità o dell’Istituto Superiore di Sanità. E ancora, informazioni più accessibili per il cittadino a livello regionale e di Asl; una App con calendari, informazioni, prenotazioni e reminder ed infine un uso più intenso e consapevole dei social».