
OLTRE a rispettare le buone regole della piramide alimentare, cosa altro fare per frenare il declino fisico e promuovere il benessere tramite il mangiar sano? Di sicuro conviene schivare le lusinghe rappresentate dalle diete monotone o dal desiderio ripetitivo di gratificazione. Evitare dunque gli specchietti per le allodole che alla lunga portano a un certo fanatismo, e affidarsi ai medici specialisti: endocrinologia, dietologia e medicina interna. «L’obesità – ha avvertito Paolo Vitti, presidente della Società Italiana di Endocrinologia in occasione del 40° congresso nazionale, a Roma – rappresenta una malattia multifattoriale difficile da contrastare: oltre il 30 % degli italiani è sovrappeso». L’appetito, e la sensazione di sazietà, dipendono da una complessa interazione tra ormoni, come la leptina, prodotta prevalentemente dal tessuto adiposo, e poi insulina, grelina e colecistochinina, che raggiungono il cervello.
La leptina è stata scoperta 25 anni fa e se ne parla tanto ancora oggi. Considerata un marker, una spia per molti aspetti della fisiologia digestiva, è impiegata addirittura come farmaco nei soggetti con lipodistrofia, per proteggerli dalle conseguenze negative della perdita di tessuto adiposo. Sappiamo che tutti gli organi, compreso il grasso corporeo, producono ormoni importanti per la regolazione dei processi vitali e in caso di squilibri sono gli endocrinologi le prime figure da interpellare per rientrare in carreggiata. Il grasso viscerale nella giusta misura non costituisce un problema per la salute, anzi ci protegge dalle malattie metaboliche quali diabete, dislipidemia e dalle malattie cardiovascolari.
Oltre alla qualità dei nutrienti assimilabili entrano in gioco, nel benessere individuale, altre variabili, le quantità ingerite (le porzioni) e la tempistica. Nel vasto universo nelle diete si stanno affermando approcci legati a pause e intervalli temporali (restrizione calorica controllata, alimentazione legata ai ritmi circadiani) in grado di regolare il nostro metabolismo attraverso complesse reazioni biochimiche. Nei mesi scorsi gli esperti riuniti a Milano dalla Fondazione IBSA di Lugano, al Forum sui meccanismi molecolari della salute, hanno indicato in che modo specifici accorgimenti possono influenzare in senso positivo il sistema immunitario, aggiustando pure la glicemia. «Alcuni studi, per la maggior parte su modelli animali, dimostrano che mangiare solo in determinati momenti della giornata, seguendo i cicli naturali veglia-sonno, contribuisce a ridurre nell'organismo la tendenza all'obesità e alle infiammazioni croniche. Si possono anche attenuare lievi disturbi cardiaci». Così ha sintetizzato Satchidananda Panda, professore al Salk Institute di La Jolla (California).
Come fanno in definitiva, i ritmi circadiani, a regolare il carosello dei nutrienti? «Nell'alternanza dei cicli si determinano giri di boa – ha spiegato lo specialista – che condizionano la produzione di ormoni importanti quali insulina, glucagone, grelina, leptina e altri, tutti coinvolti nel metabolismo». Quando sarebbe preferibile mangiare, allora, seguendo questa impostazione? «Gli studi – ha avvertito il professore americano – suggeriscono di astenersi dal cibo 3 o 4 ore prima di andare a dormire e 1-2 ore dopo il risveglio. Questo significa che è bene tenere aperta una finestra di 10-12 ore al giorno entro cui consumare i pasti (se consideriamo che una persona dorme in media 7 ore), escludendo nelle altre fasce orarie spuntini, ricompense, momenti golosi. In termini tecnici, questo regime alimentare viene chiamato time-restricted eating».
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Anche tirare la cinghia in modo intermittente, cioè facendo riposare stomaco e intestino ogni tanto, può aiutare l’organismo a placare quella spinta che mette in moto la cascata infiammatoria, purché l’astensione dal cibo venga seguita da staff esperti. Andreas Michalsen, professore di medicina al Charité University Medical Center di Berlino, anche lui intervenuto al Forum della Fondazione Ibsa, ha riferito che «sottoporsi a forme diverse di digiuno sotto controllo sanitario ha dato buoni riscontri anche in persone con diabete, ipertensione, emicrania, fibromialgia, artrite reumatoide». La casistica esaminata riguardava ventimila pazienti seguiti nel suo istituto.
Ma quanti giorni bisogna rimanere lontani dal cibo? Esistono diversi schemi di digiuno intermittente, e un solo consiglio da tenere a mente: evitare il fai da te e farsi sempre seguire dal medico.
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