Vaccino anti pneumococco, in arrivo quello efficace sui 21 sierotipi più temuti

Uno dei principali target del vaccino MSD (Merck) di ultima generazione sono gli over65, la categoria più a rischio polmoniti, otiti, sepsi e meningiti. L'analisi della professoressa Caterina Rizzo, igienista dell'Università di Pisa, e del professor Pier Luigi Lopalco, epidemiologo dell'Università del Salento

10 aprile 2024
pneumococco

C’è un nuovo vaccino anti pneumococco, in grado di conferire una protezione estesa, che promette di rivoluzionare le strategie contro un batterio temibile, che provoca meningite, polmonite, otite e setticemie dagli esiti severi. Denominata V116 da MSD (Merck negli Usa) la formulazione mostra di essere altamente immunogenica per 21 sierotipi, quelli più temuti, come verificato in vari sottogruppi di popolazione adulta.

 

Uno dei principali target di questo vaccino sono gli over 65enni, la categoria più a rischio di malattia grave in caso di infezione da pneumococco. Infatti, oltre ai bambini molto piccoli, gli anziani sono particolarmente colpiti da questa infezione batterica che, come si diceva, può portare a complicanze gravi, come dicevamo si tratta di polmoniti, meningite, otiti e sepsi.

 

Gli studi clinici condotti hanno dimostrato che V116 è in grado di stimolare una solida risposta immunitaria su questa ampia gamma di sierotipi. Tutto ciò rappresenta un passo avanti significativo nella prevenzione e nella riduzione dei casi di infezione. Parliamo di un vaccino progettato appositamente per rispondere alle esigenze della popolazione adulta, in particolare degli anziani, che sono talvolta trascurati. Efficacia e sicurezza sono confermate dai trial clinici di Fase III, quindi una protezione affidabile per chi ne ha più bisogno.

 

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L’igienista

Caterina Rizzo, professore ordinario all’Università di Pisa, sottolinea l’importanza del traguardo che è stato tagliato, un importante passo avanti nella prevenzione capace di ridurre significativamente il carico sanitario legato alle infezioni pneumococciche. Secondo il sistema di sorveglianza, in Italia nel 2016 si sono registrati 1462 casi di malattia invasiva da streptococcus pneumoniae, quasi l’80% di tutti i casi notificati.

 

Sulla base dei dati, quale è la diffusione dei ceppi di pneumococco responsabili di infezioni invasive nell’adulto e nei soggetti fragili?

“Il rischio di sviluppare malattie invasive pneumococciche nell’adulto – risponde la professoressa Rizzo – è influenzato da vari fattori, tra cui l’età, la presenza di comorbidità (cardiopatie, diabete, malattie polmonari croniche), lo stato di immunocompetenza e l’esposizione a bambini piccoli. I bambini al di sotto dell’anno di età, gli adulti di età superiore ai 65 anni e i soggetti con condizioni di salute sottostanti hanno un rischio significativamente maggiore di malattia invasiva. La quantificazione precisa del rischio può variare in base alla popolazione studiata e al contesto geografico, ma studi hanno dimostrato che l’incidenza della malattia invasiva può essere diverse volte superiore nei bambini molto piccoli e negli adulti con fattori di rischio specifici rispetto alla popolazione generale adulta”.

 

I sierotipi prevalenti nella popolazione generale nel 2022, in ordine di frequenza decrescente, sono stati 3, 23A, 10A, 6B, 19A, 19F, e 24F. Nei bambini con età inferiore ai 5 anni si evidenziano i sierotipi 3, 23A, 10A, 6B, 19A, 19F, e 24F, mentre negli adulti con età superiore ai 64 anni vi è una predominanza dei sierotipi 3 e 8.

 

Esistono più di 100 tipi diversi (denominati sierotipi) di batteri pneumococcici, che possono colpire gli adulti in modo diverso rispetto ai bambini. Quale è la prevalenza e la distribuzione dei principali sierotipi di pneumococco nella popolazione adulta?

“La prevalenza e la distribuzione dei principali sierotipi di pneumococco nella popolazione adulta italiana si riflettono nelle tendenze osservate a seguito dell’introduzione dei vaccini coniugati contro lo Streptococcus pneumoniae. L’introduzione del vaccino coniugato 7-valente (PCV7) e successivamente del vaccino coniugato 13-valente (PCV13) ha portato a una significativa riduzione dei casi di malattia pneumococcica invasiva (IPD) nei bambini e, per effetto dell’immunità di gregge, anche nella popolazione adulta. Tuttavia, questa diminuzione è stata accompagnata dall’emergenza di “ceppi sostitutivi” non inclusi nei vaccini, indicando un cambiamento nella distribuzione dei sierotipi responsabili di infezioni invasive”.

 

È possibile quantificare il maggiore rischio di patologie invasive nell’adulto?

“Numerosi studi pubblicati in letteratura hanno dimostrato che gli adulti con una sofferenza di base avevano un rischio maggiore di malattia invasiva da pneumococco rispetto agli adulti senza queste condizioni. Ciò è stato riscontrato tra gli adulti più anziani di età ≥ 65 anni e tra gli adulti più giovani di età compresa tra 19 e 64 anni. È stato, inoltre, dimostrato che il rischio aumenta con il numero di condizioni sottostanti sia negli adulti più giovani che in quelli più anziani”.

 

L’epidemiologo

In occasione del recente Meeting della International Society of Pneumonia and Pneumococcal Diseases (ISPPD) che si è tenuto a Città del Capo, Sud Africa, MSD (Merck negli Usa) ha annunciato i dati positivi provenienti da numerosi studi di Fase III che hanno valutato il vaccino pneumococcico coniugato 21-valente sperimentale, disegnato specificamente per proteggere gli adulti. Abbiamo chiesto a Pier Luigi Lopalco, epidemiologo, ordinario di igiene nell’Università del Salento, quali sono i principali risultati presentati rispetto all’immunogenicità, efficacia e sicurezza emersi in questi giorni.

 

Quale è il cambio di paradigma che permette di passare dal vaccino per bambini e adulti indifferentemente a un vaccino disegnato per rispondere al bisogno di protezione dell’adulto anziano e del fragile?

“Le evidenze presentate ultimamente – risponde il professor Pier Luigi Lopalco – sono molto consistenti, parliamo di ben 8 trial clinici in doppio cieco che hanno messo a confronto il nuovo vaccino coniugato 21-valente con quelli che fino ad oggi sono gli standard di protezione nei confronti dello pneumococco nell’adulto. Non solo, sono stati anche inclusi in questi studi molte migliaia di soggetti appartenenti a diverse fasce d’età e fra questi alcuni soggetti particolarmente fragili, come gli individui HIV positivi che in una condizione di potenziale immunodepressione sono più suscettibili alla malattia. Studi importanti dal punto di vista numerico, studi complessi dal punto di vista del confronto tra i vecchi e il nuovo vaccino sia in soggetti che non erano mai stati vaccinati sia in gruppi che avevano avuto in precedenza altri vaccini contro lo pneumococco. La complessità del corpo di studi sta nel fatto che V116 è stato testato in tutte le condizioni possibili che si potranno incontrare nella vita reale”.

 

I risultati positivi presentati non erano affatto scontati perché tutti i sierotipi contenuti in questo vaccino hanno soddisfatto tutti i criteri richiesti per l’autorizzazione all’uso. Il vaccino V116 si è dimostrato non essere inferiore ai prodotti con i quali è stato messo a confronto per tutti quei sierotipi, 13, che sono in comune con gli altri vaccini con cui è stato confrontato.

 

Un esempio, in una popolazione vaccinata con il 15-valente, contenente quindi 15 sierotipi di pneumococco, ebbene per i sierotipi che sono in comune, il nuovo vaccino sperimentale V116 ha dimostrato di non essere inferiore al prodotto di riferimento utilizzato fino ad oggi nelle nostre campagne vaccinali. Lo stesso risultato significativo si è avuto nei soggetti che erano stati vaccinati con vaccino 15-valente seguito dal polisaccaridico 23-valente, la cosiddetta schedula mista in Italia molto utilizzata; anche in questo gruppo per quei sierotipi che sono in comune con il 21-valente, V116 si è dimostrato non inferiore. Parliamo di risultati sorprendenti perché purtroppo fino ad oggi eravamo ben consapevoli che aggiungendo dei sierotipi ad un vaccino, l’aggiunta poteva comportare alcune interferenze e, quindi, non è automatico che ad esempio un vaccino 15-valente funzioni meglio di un 7-valente, né che un 20-valente funzioni meglio di un vaccino 15-valente, anzi, a volte l’addizione di sierotipi può comportare il manifestarsi di interferenze per cui un ceppo risponde meno a causa della presenza di altri ceppi.

 

Gli studi clinici hanno dimostrato, pertanto, che per tutti i 13 ceppi contenuti nel vaccino 21-valente, che sono in comune con i vecchi vaccini, V116 funziona allo stesso modo o meglio, ovvero non è inferiore. Ma la novità di V116 è rappresentata dagli 8 ceppi che sono contenuti solo in questo vaccino e sono proprio qui ceppi responsabili, in alcune casistiche, fino al 30% della malattia dell’adulto. V116 è stato disegnato per proteggere specificamente l’adulto e il fragile. Non è un vaccino per il bambino che può proteggere anche l’adulto e l’anziano. Gli studi condotti sull’epidemiologia e l’ecologia dello pneumococco nell’anziano hanno dimostrato che la presenza degli 8 ceppi che non sono presenti nei vaccini per l’infanzia forniscono quella protezione aggiuntiva ed esclusiva per l’adulto a rischio e per l’anziano.

 

I risultati in termini di immunogenicità sono stati realmente eccezionali, perché non c’è stata alcuna non risposta da parte di ciascun ceppo. Riguardo la sicurezza, i vaccini pneumococcici sono ormai utilizzati da moltissimi anni e hanno dimostrato di essere sempre ben tollerati. V116 negli studi clinici ha confermato la safety rispetto ai vecchi vaccini, quindi, non sono emerse sorprese per la sicurezza e la tollerabilità. Oltre agli studi clinici, è stato presentato al Congresso uno studio epidemiologico molto interessante condotto negli Stati Uniti, uno studio cosiddetto sul campo, in real world che ha coinvolto oltre 2.000 soggetti adulti/anziani affetti da polmonite per i quali è stata effettuata la sierotipizzazione dei ceppi circolanti e ha mostrato come in questi individui la protezione con il 21-valente sarebbe potuta arrivare fino all’84%, evitando così oltre l’80% dei casi di patologie pneumococciche in questi soggetti. In definitiva, dai dati che suggeriscono una copertura superiore all’80% grazie agli 8 ceppi esclusivi di V116, che è stato disegnato specificamente per l’adulto e l’anziano, possiamo affermare che questo vaccino realmente potrebbe rappresentare una svolta nella prevenzione a 360 gradi della malattia pneumococcica dall’infanzia alla terza età.

 

La malattia pneumococcica invasiva e la polmonite pneumococcica sono responsabili di patologie gravi, soprattutto negli adulti più anziani e in quelli che presentano condizioni di immunocompromissione.

 

Ritiene che tali dati positivi dimostrino il potenziale di V116 nel rispondere al fabbisogno insoddisfatto della prevenzione della malattia pneumococcica negli adulti?

“Assolutamente sì. La storia della vaccinazione pneumococcica è stata segnata da grandi successi per l’infanzia, per la quale in tutto il mondo occidentale si è riusciti ad ottenere coperture vaccinali molto alte. Questo ha fatto si che nel neonato e nel bambino la malattia pneumococcica è diventata sempre più rara, i sierotipi contenuti nei vaccini utilizzati nei piccoli sono scomparsi dalla circolazione e automaticamente sono anche in parte scomparsi dalla circolazione nell’adulto e nell’anziano. Questo perché si è anche dimostrato che la via di trasmissione principale dello pneumococco va dal bambino verso l’adulto e non viceversa; i bambini sono il serbatoio da cui si contagia l’adulto e l’anziano. Ovviamente, l’eliminazione dei sierotipi contenuti in questi vaccini ha indotto il fenomeno del “rimpiazzo sierotipico” che ha fatto sì che nei bambini abbiano cominciato a circolare sierotipi diversi da quelli presenti nel vaccino. Questo fenomeno ha portato ad un aumentato numero di casi di malattia proprio nell’adulto/anziano, in primo luogo perché in queta fascia d’età non sono mai state raggiunte le coperture ottenute nell’infanzia, in secondo luogo per la maggiore suscettibilità a ceppi emergenti delle persone anziane”.

 

“Per tanto tempo, a partire dal vaccino 7-valente, abbiamo adottato la strategia vaccinale dell’addizione: da 7 a 10, da 10 a 13, da 13 a 15 poi diventato 20. Abbiamo sempre aggiunto sierotipi per cercare di correre dietro a questo fenomeno del rimpiazzo sierotipico, ma sempre disegnando vaccini per il bambino che si adattavano anche all’adulto. V116 ha cambiato completamente il paradigma di approccio alla prevenzione delle malattie pneumococciche. V116 chiude il cerchio per così dire, riempie quel vuoto o gap che i vaccini del bambino non riescono a colmare. Il vaccino dell’infanzia protegge i bambini e indirettamente l’adulto per un buon numero di sierotipi, tuttavia, l’adulto e l’anziano hanno bisogno di un vaccino che effettivamente contenga i sierotipi circolanti che causano la malattia pneumococcica nell’adulto, inclusa la polmonite”.