Protesi all’anca. L’intervento si rinnova

La rivista scientifica The Lancet ha definito l’intervento di protesi d’anca come "l’intervento del secolo" per il suo effetto sulla...

di MARINA SANTIN BATTIALA
16 maggio 2025
La rivista scientifica The Lancet ha definito l’intervento di protesi d’anca come "l’intervento del secolo" per il suo effetto sulla...

La rivista scientifica The Lancet ha definito l’intervento di protesi d’anca come "l’intervento del secolo" per il suo effetto sulla...

La rivista scientifica The Lancet ha definito l’intervento di protesi d’anca come "l’intervento del secolo" per il suo effetto sulla funzionalità e sul dolore e per la capacità di migliorare la qualità della vita. Infatti, spiega Matteo Romagnoli, direttore SC di Ortopedia e Traumatologia Rizzoli Argenta, una sede succursale dell’ IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna,"il dolore e la limitazione funzionale sono i due segnali che indicano che potrebbe esserci un problema all’anca.

All’inizio il dolore si avverte solo durante la camminata, l’esercizio fisico o dopo una stazione eretta prolungata, ma con il tempo diventa invalidante fino a comparire anche a riposo e durante la notte. La limitazione funzionale, invece, determina una riduzione del movimento dell’articolazione che, dall’impedire alcune azioni, come allacciarsi le scarpe, arriva a rendere impossibile svolgere le normali attività quotidiane".

Il dolore sempre presente e l’assunzione frequente di antinfiammatori "sono i segnali che rendono inevitabile l’intervento – sottolinea Romagnoli – solo se si agisce in fase precoce, eseguire delle infiltrazioni potrebbe essere sufficiente per procrastinarlo".

L’impianto di protesi d’anca è una procedura "sicura quasi al 100%, perché rimane una minima percentuale di complicanze. Una delle più temute – puntualizza Romagnoli – è sicuramente l’infezione periprotesica e cioè, l’infezione che aggredisce la protesi poiché il batterio si attacca al metallo, ma parliamo di percentuali che secondo la letteratura scientifica si aggirano a seconda delle casistiche dallo 0,8 al 2 %. I pazienti molto più a rischio sono quelli diabetici, quelli che fanno terapie immunosoppressive o chemioterapia, quelli che hanno un’immunodeficienza acquisita o pazienti affetti da infezioni ricorrenti alle vie urinarie e respiratorie".

Ecco perché, prosegue "da circa un anno e mezzo in questi pazienti, nel nostro ospedale utilizziamo un nuovo tipo di protesi, con un nanorivestimento in argento che impedisce la proliferazione dei batteri attorno all’impianto. Questo tipo di protesi esisteva già e veniva utilizzata nei pazienti che eseguivano interventi ortopedici di natura oncologica, il rivestimento in argento però era solo sulla parte a contatto con i tessuti molli e rilasciava ioni argento.

Questa nuova protesi, invece, è completamente rivestita anche nella parte a contatto con l’osso e ha un livello di concentrazione degli ioni argento più basso e quindi senza rilascio degli stessi. È una differenza sottile, ma molto importante". Va comunque specificato "che questa protesi, ha un costo superiore a quelle tradizionali e risulta a carico del Servizio Sanitario Nazionale esclusivamente per i pazienti classificati come a più alto rischio".

La validità di questi studi potrà essere confermata da una ricerca scientifica, approvata dal Ministero della Salute e guidata da Romagnoli, che include la valutazione degli ioni argento nel sangue e nelle urine in quattro momenti successivi: prima dell’intervento, a 6 mesi, a 12 mesi e a 24 mesi. "Un monitoraggio puntuale e rigoroso, che ci consentirà di offrire ai pazienti soluzioni sempre più sicure ed efficaci", conclude l’esperto.