Conoscere l’osteoporosi per curarla. Stili di vita e prevenzione
«Postura curva e calo di statura possono essere campanelli d’allarme». Parla l'ortopedico Gianni Nucci, responsabile dell’U.O. di Ortopedia e Traumatologia di Santa Rita Hospital di Montecatini Terme
Lo definiscono un “male silenzioso” perché quando ci si accorge di averlo lui, in sordina, ha già fatto dei danni. È l’osteoporosi che, causa la carenza di calcio, rende le ossa fragili e di conseguenza le espone al rischio di fratture.
Come contrastare, prevenire e curare questa patologia che colpisce in prevalenza la popolazione femminile (soprattutto le donne in menopausa) ma non solo? Lo spiega il dott. Gianni Nucci (nella foto), responsabile dell’U.O. di Ortopedia e Traumatologia di Santa Rita Hospital di Montecatini Terme.
Dottore, quali sintomi ci devono mettere in allarme e far pensare all’osteoporosi? «Purtroppo di solito ce ne accorgiamo soltanto quando si verifica una frattura: delle vertebre o di un polso, del femore, dell’anca. La diminuzione del calcio nelle ossa le fa diventare fragili, le indebolisce, e chi ne è soggetto può assumere una postura curva e avere una diminuzione della statura. Questo può essere un campanello di allarme. Dobbiamo anche stare attenti a non scambiare una frattura osteoporotica da sforzo, che può manifestarsi con un dolore acuto nel sollevamento di un peso anche lieve, con un banale “colpo della strega”».
E quindi? «L’osteoporosi è asintomatica, certo un mal di schiena che non passa ci può dare l’allarme, ma determinante è la prevenzione, magari individuando quella fase chiamata osteopenia, quando la densità minerale ossea è già sotto i valori di riferimento, ma non siamo ancora all’osteoporosi».
Quali esami è consigliato fare? «Dopo i 50 anni per la donna è bene sottoporsi alla densitometria ossea, o MOC, un esame semplicissimo, con una bassa emissione di raggi X, che consente di verificare la quantità di fosfato di calcio che c’è nelle ossa. È di aiuto anche un test che si fa attraverso l’analisi del sangue, il test della 25-idrossi-vitamina D, che valuta la presenta di vitamina D nel paziente».
Perché è così importante la vitamina D? «Questa vitamina, che è un pre-ormone, è determinante per “fissare” il calcio nelle ossa. Ma viene sintetizzata esponendoci ai raggi del sole, cosa che possiamo fare solo d’estate, e per pochi mesi».
L’alimentazione aiuta? «Solo un poco. Troviamo la vitamina D nei pesci azzurri e nei latticini, ma col cibo al massimo ne possiamo introdurre il 10 per cento del fabbisogno».
Quindi ricorriamo alla terapia farmacologica? «Ci sono integratori e farmaci per la vitamina D, da assumere assolutamente sotto controllo medico. In questo caso il “fai da te” è vietato, perché con un dosaggio sbagliato si rischiano problemi ai reni, a sistema nervoso centrale e spasmi muscolari. Poi, per l’osteoporosi post-menopausale si impiegano diversi farmaci tra cui un anticorpo monoclonale, il denosumab, che rallenta il degradarsi delle ossa».
Lei parla di osteoporosi post-menopausa, ma ci sono altre categorie di persone a rischio? «Le persone troppo magre, con poca massa muscolare, e soprattutto chi soffre di anoressia. Anche alcol e fumo sono fattori di rischio. Poi devono fare attenzione le persone che hanno una familiarità con questa malattia. E in particolar modo le donne che hanno una menopausa precoce o indotta chirurgicamente».
E gli uomini? «Anche loro, dopo i 55-60 anni, possono essere soggetti all’osteoporosi, soprattutto se hanno seguito terapie a base di glucocorticoidi, ormoni steroidei usati per trattare patologie gastrointestinali o reumatiche, o se fumano o consumano troppo alcol».
Infine, dottore, chi è affetto da osteoporosi può fare attività fisica? «Certamente, perché rafforza i muscoli, anzi delle belle passeggiate sono consigliabili, a patto di evitare i terreni sconnessi, la camminata veloce è particolarmente indicata perché le sollecitazioni a cui sono sottoposte le ossa quando si fa attività motoria in piedi aiutano i minerali a depositarsi nell’osso».