In Italia il consumo medio giornaliero è 10 grammi, il doppio rispetto alla quantità ideale: bisogna ridurre
L’Italia a tavola è il paradiso dei buongustai. Purtroppo i peccati di gola alla fine presentano il conto. Per dare sapore ai piatti spesso si esagera con le prese di sale, al ristorante come nelle mense aziendali, a casa come in viaggio, tanto è vero che il consumo giornaliero di sale è quasi il doppio rispetto ai 5 grammi consigliati. Ecco uno dei motivi per cui si alza la pressione arteriosa, e il medico si vede costretto a prescrivere terapie antipertensive per abbassare i valori che ci espongono al rischio ictus, infarto, aneurisma e arteriopatie.
«L’ideale sarebbe iniziare togliendo anche un solo grammo di sale in meno al giorno, rispetto ai dieci grammi consumati in media ogni giorno, avere grandi benefici e salvaguardare la salute del cuore», ha affermato Ciro Indolfi, presidente della Società Italiana di Cardiologia (SIC), in riferimento ad uno studio condotto da ricercatori della Queen Mary University of London presentato a ESC Congress, meeting annuale dell’European Society of Caridology.
«Il sale è una componente della nostra dieta – spiega lo specialista – una piccola quantità di sodio è utile all’organismo per la fisiologica conduzione degli impulsi nervosi, regola la contrazione e il rilassamento dei muscoli, aiuta a mantenere in equilibrio acqua e minerali. L’eccessivo consumo di sale, tuttavia, è associato all’ipertensione e, conseguentemente, all’aumento dei fattori di rischio cardiovascolari, che a loro volta comportano aterosclerosi, cardiopatie e trombosi».
Nello studio i ricercatori hanno calcolato che riducendo l’assunzione di sale di un grammo al giorno si possono abbassare i livelli della pressione arteriosa sistolica in media di circa 1,2 millimetri di mercurio. In certi casi con la dieta, la ripresa dell’attività fisica e il calo ponderale, sarebbe possibile riportare la pressione su livelli accettabili anche senza terapia.
«Anche in Italia – continua il cardiologo – una piccola riduzione nell’apporto del sale con gli alimenti consentirebbe grandi benefici, tenuto conto che le malattie cardiache continuano a rappresentare la principale causa di morte con 240mila decessi ogni anno». Ogni anno in Italia in media 150mila persone sono colpite da infarto, con un milione e mezzo di ospedalizzazioni dovute a scompenso cardiaco. I pazienti cardiopatici arrivano a effettuare fino a 6-7 ricoveri nell’arco dei 12 mesi. La riduzione del consumo di sale, se applicata alla vita reale, potrebbe rivelarsi determinante sul fronte della lotta all’ipertensione.
Un’altra notizia di attualità dal congresso europeo di cardiologia riguarda la polipillola composta da tre farmaci, un antipertensivo, una statina e l’aspirina. La combinazione che riunisce i tre medicamenti in una unica somministrazione riduce del 30% il rischio di ictus e infarto in chi ha già avuto un attacco cardiaco.
Sono questi i risultati del più ampio studio internazionale su questo nuovo approccio, condotto in 113 centri di 7 Paesi, tra cui l’Italia, su un campione di persone seguite per tre anni, reduci da un infarto miocardico occorso nei sei mesi precedenti. Lo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine mostra che soltanto il 9,5% delle persone che hanno assunto la polipillola è andato incontro a esiti letali per cause cardiovascolari, a un secondo infarto, un ictus o è stato sottoposto a un’angioplastica o altri interventi al cuore, in confronto al 12,7% del gruppo sottoposto al trattamento standard.
Da ESC Congress arriva infine la notizia di una rivoluzione nella cura dello scompenso cardiaco grazie alle glifozine, parliamo di farmaci antidiabetici che si stanno rivelando salvavita anche in cardiologia in quanto, riducono ricoveri e mortalità. Lo studio Deliver condotto su oltre seimila pazienti in terapia con dapaglifozin ha mostrato che questa glifozina, inibitore degli SGLT2, rappresenta una svolta nella cura, riduce gli eventi avversi del 21%, indipendentemente dal grado di compromissione della funzionalità cardiaca.
«Gli inibitori SGLT2 – ha affermato da parte sua Pasquale Perrone Filardi, presidente eletto dei cardiologi SIC – sono una classe di farmaci che agisce con un meccanismo metabolico del tutto nuovo e consentirà di evitare molti ricoveri e decessi nei pazienti con scompenso cardiaco. A queste caratteristiche si associa una ottima tollerabilità e la possibilità di prescrivere una singola dose al giorno, con scarsi effetti sulla pressione arteriosa e miglioramento della funzione renale».