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Memoria e demenze, test svelano rischio Alzheimer

Diagnosi precoce del deterioramento mentale, progressi nella medicina di laboratorio

28/02/2022

«Finalmente avremo un test in grado di predire la comparsa di malattia di Alzheimer, con 15 anni di anticipo sulla sintomatologia della demenza». L’annuncio di Sergio Bernardini, professore di biochimica clinica e molecolare all’Università di Roma, Tor Vergata, apre la strada a una indagine rivoluzionaria in medicina. Sappiamo tutti che i deficit cognitivi, un iniziale calo di memoria, e col tempo l’incapacità a vestirsi, riordinare gli oggetti e riconoscere le persone, ragionamenti incoerenti, depressione, perdita di interesse e atteggiamenti passivi, sono segni che accompagnano un decadimento delle facoltà intellettuali. Esistono farmaci che possono ritardare l’insorgenza di questi deficit,  amnesie e  guasti legati alle demenze, ma troppo spesso le terapie si rivelano inefficaci per via di diagnosi tardive che vanificano le cure.

 

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Esame del sangue

Quando il danno cerebrale si è prodotto, compromettendo neuroni e sinapsi, diventa impossibile rimandare indietro le lancette dell’orologio e recuperare le abilità perdute. Da qui l’avvertimento, lanciato alla Winter School di Motore Sanità, da poco conclusa presso l’Ateneo di Pollenzo: «Lo sviluppo di nuove metodologie di laboratorio – ha spiegato il professor Bernardini – ci permetterà a breve di eseguire tali dosaggi predittivi direttamente su prelievi di sangue, come una comune analisi clinica. Questo avanzamento sarebbe molto importante nel momento in cui si affacciano sulla scena, per la prima volta, farmaci promettenti per la malattia di Alzheimer in fase precoce, e quindi diventa indispensabile una diagnosi certa e tempestiva».  Dunque in un prossimo futuro un esame del sangue potrebbe svelare una persona a rischio di sviluppare demenza, e in questi casi sarebbe possibile istituire una terapia tempestiva destinata ad avere successo nel ritardare i processi involutivi. Inoltre servirebbe per un monitoraggio della beta amiloide, un indicatore in grado di esprimere il grado di efficacia del trattamento.

 

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Dosaggio beta amiloide

I dosaggi della beta amiloide e della proteina tau (che si accumulano nelle placche senili dei pazienti Alzheimer) vengono eseguiti per ora nel liquido cerebrospinale, quindi necessitano di una puntura lombare, una manovra invasiva, per quanto sicura in mani esperte, che normalmente viene praticata su pochi casi selezionati, mentre qui ci sarebbe bisogno di uno screening più esteso. Una diagnostica per immagini spesso indicata è poi la PET (positron emission tomography) che utilizza come tracciante la beta amiloide. Questa metodica è meno invasiva della puntura lombare, ma molto costosa (circa 800 euro a indagine).

 

Costi e limitazioni

Nel nostro Paese sono 40 i centri neurologici che richiedono analisi del liquido cerebrospinale, il 30% delle regioni d’Italia sono poco attrezzate per questi dosaggi,  solo il 60% dei laboratori partecipa al controllo qualità internazionale. Inoltre manca ancora un’armonizzazione dei valori di riferimento per le diverse metodiche disponibili. In Italia, l’uso dei biomarcatori del liquido cerebrospinale è pertanto  limitato nella pratica clinica e la PET troppo costosa per essere supportata dal Servizio sanitario nazionale su grandi numeri.

 

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Deficit cognitivo

In Italia sono oltre un milione le persone che mostrano segni di demenza. Di queste il 50% soffre di malattia di Alzheimer e si tratta per la maggior parte di adulti che manifestano la patologia dopo i sessant’anni. Negli ultraottantenni al decadimento di natura neurologica si sommano i casi di demenza da sofferenza cerebrale di natura vascolare (quella che una volta veniva chiamata arteriosclerosi), un deficit cognitivo riscontrabile in un anziano su 4. Questi numeri sono destinati a crescere a causa del progressivo aumento della aspettativa di vita, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.

 

Accertamenti

La diagnosi della demenza è su base clinica e si avvale di test psicometrici (con visita neurologica), indagini supportate, nei casi avviati a uno studio approfondito, dalle immagini della Tac e della risonanza magnetica nucleare. Le cause che determinano l’insorgenza sono ancora oggi sconosciute, tuttavia nel 5% dei casi la malattia di Alzheimer ha una origine genetica, e si presenta in questi casi prima dei 60 anni, mentre il rimanente 95% si presenta in età più avanzata, aumentando la frequenza in relazione al progredire dell’età. I test cognitivi neuropsicologici indagano varie funzioni: memoria, livelli di attenzione, linguaggio, capacità di calcolo, reazioni comportamentali.

 

Disturbi

“La demenza – ha spiegato il professor Alfredo Berardelli, presidente della Società Italiana di Neurologia intervenuto al congresso SINdem del novembre scorso – si manifesta inizialmente con sintomi quali deficit di memoria, soprattutto per fatti recenti, e successivamente disturbi del linguaggio, disorientamento spazio temporale, progressiva perdita di autonomia nelle funzioni della vita quotidiana. A tali deficit spesso si associano problemi psicologici e comportamentali, come depressione, incontinenza emotiva, delirio, agitazione, vagabondaggio, che richiedono costante assistenza, con un grosso peso per i familiari che svolgono un ruolo importantissimo”. Ma esattamente come si misura il rischio Alzheimer? Il dialogo è aperto con epidemiologi, clinici, matematici, biofisici, informatici sull’utilizzo di modelli matematici e algoritmi attraverso un lavoro multidisciplinare che comprende varie tipologie di esami, test e accertamenti.

 

Riprogrammazione

Ricercatori dell’ Istituto Superiore di Sanità, del San Raffaele Irccs di Roma e dell’Istituto di Farmacologia Traslazionale del CNR hanno annunciato intanto di aver messo a punto un sistema di diagnosi precoce della malattia di Alzheimer e del morbo di Parkinson basato sulla conversione chimica fibroblasti della pelle dei pazienti in neuroni umani. La ricerca dei marcatori, senza ricorso ad approcci transgenici, si ispira alla riprogrammazione di cellule staminali che è valsa il Nobel per la Medicina a Shin’ya Yamanaka.

 

Cautela

Molte persone nel corso della loro vita possono avere amnesie, vuoti di memoria, deficit neurologici, capita che si spaventano temendo qualcosa di grave. Niente paura: le dimenticanze occasionali non sono una sentenza inappellabile, sono tante le cause che si accompagnano a problemi di memoria. Di fronte a episodi di defaillance è consigliabile recarsi dal medico per una valutazione, senza drammatizzare.