Tumore del polmone, anticorpo bispecifico più efficace sulle mutazioni
Dopo la presentazione di amivantamab a Esmo2023 si profilano inediti scenari nel trattamento nel cancro polmonare "non a piccole cellule"
Nuove opportunità di trattamento per il tumore del polmone sono state presentate a Esmo 2023, congresso annuale della Società Europea di Oncologia Medica. Stiamo parlando di una malattia impegnativa da affrontare, ma le sperimentazioni stanno restituendo finalmente i primi successi in casi clinici ben selezionati.
Negli ultimi anni, la ricerca ha portato alla scoperta di specifiche mutazioni che si traducono in bersagli da colpire. Gli studi clinici annunciati alla comunità internazionale in occasione del congresso di Madrid hanno dimostrato l’efficacia di amivantamab nel trattamento del tumore del polmone “non a piccole cellule”, abbreviato NSCLC, con il gene EGFR mutato, una delle anomalie ricorrenti, presente mediamente nel 14% delle diagnosi formulate in Europa.
Gli studi presentati da Janssen, sussidiaria di Johnson & Johnson, riguardano l’impiego di amivantamab, anticorpo bispecifico, somministrato in combinazione con altri farmaci o con la chemioterapia. “Lo studio MARIPOSA ha dimostrato che il trattamento in prima linea con amivantamab e lazertinib, rispetto alla terapia standard con osimertinib, ha ridotto del 30% il rischio progressione della malattia allo stadio localmente avanzato o metastatico”.
Lo studio MARIPOSA-2 ha confermato questi risultati ed è andato oltre, mostrando una riduzione del rischio di oltre il 50% quando amivantamab è combinato con lazertinib e chemioterapia rispetto alla sola chemio. Infine, lo studio PAPILLON ha evidenziato una riduzione del rischio del 60% nel trattamento in prima linea con amivantamab in combinazione con chemio in pazienti con una forma rara di NSCLC con inserzione dell’esone 20.
Questi risultati sono giudicati particolarmente significativi dagli esperti, perché indicano un potenziale cambiamento nello standard per questa tipologia di cancro polmonare. La combinazione di amivantamab con altri farmaci ha dimostrato di poter migliorare significativamente la sopravvivenza libera da progressione e può rappresentare una valida opzione per quanti trovano scarso giovamento dai trattamenti cui sono stati precedentemente sottoposti. Ad affermare questi concetti sono stati autori di livello internazionale, tra i quali figurano anche talenti italiani. Parliamo di un farmaco già disponibile in Italia per il trattamento in monoterapia di adulti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) avanzato, con mutazioni da inserzione dell’esone 20 attivanti del fattore di crescita dell’epidermide (EGFR), dopo il fallimento della chemioterapia a base di platino.
Filippo de Marinis, direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, ha descritto l’importanza di identificare l’approccio terapeutico più adeguato. Egli ha dichiarato che i risultati dello studio MARIPOSA supportano il potenziale della combinazione di amivantamab e lazertinib come nuovo standard. «Nonostante i progressi della ricerca scientifica nell’ambito del tumore del polmone non a piccole cellule con mutazioni dell’EGFR, permane la necessità di dotarsi di trattamenti innovativi in grado di assicurare i migliori risultati», ha spiegato il noto specialista, che è presidente Aiot, Associazione italiana oncologia toracica. «Con MARIPOSA si assiste a un significativo miglioramento della sopravvivenza libera da progressione associato alla combinazione di amivantamab con lazertinib rispetto alla prassi attuale. Considerando in ottica allargata le possibili strategie terapeutiche nelle diverse linee di trattamento, questi risultati supportano il potenziale della combinazione come terapia di riferimento per questo setting».
Antonio Passaro, principal investigator del MARIPOSA-2 presso lo IEO di Milano, ha sottolineato che la combinazione di amivantamab con la chemioterapia ha dimostrato una maggiore sopravvivenza libera da progressione, anche a livello cerebrale, rispetto alla sola chemioterapia. Ha aggiunto che questi regimi terapeutici potrebbero costituire una risposta alle forme di resistenza terapeutica che si verificano dopo il trattamento con osimertinib. Inoltre, il trattamento con amivantamab e chemioterapia ha mostrato tassi di risposta globali (ORR) del 64 per cento, del 63 per cento in caso di combinazione con lazertinib, rispetto a un ORR del 36 per cento per la sola chemioterapia.
Video: Antonio Passaro a Esmo 2023
In Italia, il cancro del polmone colpisce ogni anno oltre 40mila persone, prima causa di morte per malattia oncologica negli uomini, seconda nelle donne. Due sono i tipi principali da considerare, uno dei quali, relativamente insolito, è il tumore polmonare a piccole cellule. La forma più frequente, quella che da sola rappresenta quasi l’85 per cento delle diagnosi di neoplasia polmonare, è invece il tumore “non a piccole cellule” detto anche NSCLC, secondo la dicitura anglosassone.
Amivantamab è un anticorpo bifunzionale che mira a due bersagli importanti per il tumore del polmone non a piccole cellule con inserzione dell’esone 20: il recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR) e il meccanismo di trasduzione del segnale di MET. Questa doppia azione mira a bloccare le vie di segnalazione che promuovono la crescita e la proliferazione delle cellule tumorali.
Lo studio di fase III PAPILLON ha coinvolto pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio localmente avanzato o metastatico, che avevano già ricevuto trattamenti di prima linea per la loro malattia. I pazienti sono stati randomizzati e potevano ricevere amivantamab in combinazione con chemioterapia a base di carboplatino-pemetrexed o solo chemioterapia.
I risultati hanno dimostrato chiaramente che l’associazione di amivantamab e chemioterapia ha portato a una significativa riduzione del rischio di progressione della malattia rispetto alla sola chemioterapia. La sopravvivenza libera da progressione è stata significativamente migliorata con la combinazione, con un follow-up di 14,9 mesi che ha mostrato una PFS superiore di oltre 4 mesi rispetto alla sola chemioterapia. Questo potrebbe diventare un dunque nuovo standard di trattamento segnando così un significativo passo avanti nella terapia.