Sindrome del bambino scosso: sintomi, rischi e consigli per prevenirla. “Può causare anche la morte”

L'informazione deve correre su un doppio binario: consapevolezza e tutela del bambino, ma anche consigli pratici per i neogenitori. Indicazioni comportamentali semplici ma preziose, da utilizzare nei momenti di esasperazione

di VALERIA PANZERI
7 aprile 2025
Come evitare le sindrome del bambino scosso

Come evitare le sindrome del bambino scosso

Non scuoterlo mai, per nessuna ragione. Si riassume così - ed è un'indicazione salvavita - la prevenzione della Sindrome del Bambino Scosso (Shaken Baby Syndrome), in Italia ancora troppo poco conosciuta. Ma dietro a questa, apparentemente semplice, indicazione si cela il peso di una mancata informazione sul tema; oltre alle conseguenze, spesso involontarie, dell'affaticamento dei neogenitori, alle prese con gravi mancanza di sonno, congedi lavorativi spesso inadeguati e pianti ininterrotti che mettono a dura prova l'equilibrio del caregiver nei mesi successivi l'arrivo del neonato.

Come accennato, infatti, frequentemente i genitori non sanno che un solo gesto di stizza, potrebbe condurre il proprio bimbo anche alla morte, oltre a scatenare una serie di conseguenze nefaste per il suo sviluppo fisico e psicologico. L'informazione deve correre su un doppio binario: consapevolezza e tutela del neonato, ma anche consigli pratici per i neogenitori: indicazioni comportamentali semplici ma preziose, da utilizzare nei momenti di esasperazione, in cui si percepisce una perdita di controllo. Il 5, 6 e 7 aprile, tornano le Giornate nazionali di prevenzione della Shaken Baby Syndrome. Occasione per informare su una problematica che, in un caso su 4, porta al coma o alla morte attraverso gli infopoint della campagna di Terre des Hommes 'Nonscuoterlo!' in 70 città di 18 regioni italiane.

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Neonati i più colpiti

I più colpiti da questa forma di trauma cerebrale sono i bambini tra le 2 settimane e i 6 mesi di vita, periodo di massima intensità del pianto del lattante, che può assumere caratteristiche tali da portare il genitore o chi si prende cura del bambino a reagire in maniera incontrollata e violenta, scuotendolo.  

I sintomi: “Importante non sottovalutarli”

Come spiega la Società Italiana di Pediatria, i sintomi possono essere svariati: "Vomito, inappetenza, difficoltà di suzione o deglutizione, estrema irritabilità, letargia, assenza di sorrisi o di vocalizzi, rigidità o cattiva postura, difficoltà respiratorie, aumento della circonferenza cranica disarmonico rispetto a peso e altezza, difficile controllo del capo, frequenti e lamentosi pianti inconsolabili e, nei casi più gravi, convulsioni e alterazioni della coscienza, fino all’arresto cardiorespiratorio”.

"È importante non sottovalutare nessuno di questi segnali da parte del bambino, che rappresentano un campanello d’allarme importante per una corretta diagnosi, la quale rimane comunque molto complessa da effettuare", concludono gli esperti.

Le conseguenze (a volte mortali)

Quando il neonato viene scosso violentemente per reazione al suo pianto inconsolabile, è altamente probabile che si verifichi un trauma sull’encefalo e successive sequele neurologiche. Nei primi mesi di vita, infatti, i muscoli cervicali del collo dei neonati sono ancora deboli e non riescono a sostenere la testa; se un bambino viene scosso con forza, dunque, il cervello si muove liberamente all’interno del cranio, provocando ecchimosi, gonfiore e sanguinamento dei tessuti; lesioni gravissime. In 1 caso su 4 questo gesto può causare il coma o la morte del neonato, ma molti altri sono gli effetti devastanti che pochi secondi di scuotimento possono provocare, compromettendo per sempre il futuro e la crescita del bambino: danni cerebrali, problemi alla vista o all'udito, disturbi comportamentali o di coordinazione motoria. È quanto emerge dalla "Prima indagine sui casi di bambini e bambine vittime di Shaken Baby Syndrome in Italia", realizzata da Terre des Hommes con la Rete Ospedaliera contro il Maltrattamento Infantile nel 2023. "Come Simeup - dichiara Stefania Zampogna, presidente della Società Italiana di Medicina di Emergenza e Urgenza Pediatrica - siamo in prima linea da anni per sensibilizzare sul tema della Sindrome del Bambino Scosso. È fondamentale che genitori, caregiver e operatori sanitari riconoscano i segnali di rischio e comprendano quanto sia importante intervenire con consapevolezza".  

Danni (spesso) inconsapevoli

Scuotere il bambino, in genere, è la risposta ad un pianto “inconsolabile”, di cui gli adulti spesso non riescono a cogliere il significato. Sentendosi quindi impotenti, possono attivare – anche inconsapevolmente – dei comportamenti inappropriati (come lo scuotimento) nel tentativo di calmare il neonato. Spesso, lo scuotimento avviene proprio per mano degli stessi genitori, o delle figure educative con cui si condivide l’accudimento dei bambini: nonni, babysitter, educatrici del nido, ecc.  

I fattori di rischio

Secondo i dati resi noti dalla SIN, Società Italiana di Neurologia, i principali fattori “di rischio” che potrebbero aumentare la probabilità di SBS sono: famiglia mono-genitoriale, età materna inferiore ai 18 anni, basso livello di istruzione, uso di alcool o sostanze stupefacenti, disoccupazione, episodi di violenza in ambito familiare e disagio sociale. Tuttavia, nei casi più frequenti, è solo l’esasperazione di genitori inconsapevoli e poco informati a spingere nella direzione di una “manovra consolatoria” errata, qual è appunto lo scuotimento violento.  

La prevenzione: come aiutare i genitori

La prevenzione passa dalla formazione e dalla vicinanza alle famiglie, soprattutto nei momenti di maggiore fragilità". "La Sindrome del Bambino Scosso è una forma di maltrattamento infantile spesso inconsapevole, che può derivare dalla scarsa informazione e totale inconsapevolezza delle drammatiche conseguenze che, la perdita di controllo, anche solo per pochi secondi, può avere sul neonato. Non sempre quindi - spiega Federica Giannotta, Responsabile Advocacy e Programmi Italia di Terre des Hommes - è frutto di una reale intenzione di nuocere al bambino. Per questo può essere facilmente evitata con una corretta informazione e formazione dei genitori e di chiunque altro si prenda cura del bambino. È importante illustrare quali comportamenti non vanno mai adottati per cercare di calmare il pianto del neonato e che, se si sente di stare perdendo il controllo, piuttosto che incorrere in comportamenti dannosi, può essere utile allontanarsi un breve istante dal bambino, lasciandolo in un luogo sicuro, recuperare un proprio equilibro e chiedere aiuto". Fra le soluzioni, suggerite dagli esperti, per tentare di placare un pianto neonatale inconsolabile, ci sono: cullarlo nella carrozzina, fargli fare un giro in macchina, un bagnetto rilassante, oppure fasciarlo con un lenzuolo piegandogli gli arti in modo che ritorni nella posizione fetale, o ancora fargli sentire un fruscio o un rumore continuo (come un phon o una lavatrice o un aspirapolvere). Se tutti questi espedienti non funzionano, la cosa migliore da fare, se non lo si riesce più a gestire e a sopportare, è lasciare il bambino in un posto sicuro come la culla ed allontanarsi fino a quando non si è riacquistato un certo equilibrio. Oppure, in alternativa, chiedere aiuto ad altri membri della famiglia o di un consulente. E' possibile, inoltre, frequentare corsi di genitorialità. Chiaramente nessuno consiglia di lasciare un neonato disperato e abbandonato a sé stesso, ma il prenderne momentaneamente le distanze - in mancanza di alternativa - nel momento in cui ci si rende conto di essere sottoposti ad eccessivo stress, è un atto che potrebbe preservare la sua salute, se non la sua vita.