HIV, nuova strategia per fermare il contagio. L’infettivologo: “9mila positivi non sanno di esserlo”

Diagnosi tardive in 6 casi su 10, quando il sistema immunitario è già compromesso. È nata una roadmap per frenare l'epidemia entro il 2030. Cos’è la PrEP e chi dovrebbe farla

di VALERIA PANZERI
23 aprile 2025
La roadmap per fermare l'Hiv entro il 2030

La roadmap per fermare l'Hiv entro il 2030

Le strategie per rendere nuovamente centrale il tema dell'infezione da HIV nell'agenda politica e sanitaria italiana e rilanciare l'azione pubblica per contrastarne la diffusione sono state al centro di 'HIV SUMMIT: Ending the HIV Epidemic in Italy', l'evento che si è svolto nelle scorse ore a Roma e che ha coinvolto istituzioni, decisori politici, esperti del mondo medico-scientifico e rappresentanti delle associazioni. L'obiettivo comune è la costruzione di una "roadmap concreta per il raggiungimento dei target UNAIDS 95-95-95, fondamentali per porre fine all'epidemia da HIV entro il 2030". Il Summit ha riconosciuto il "ruolo cruciale" della comunicazione pubblica e delle campagne di sensibilizzazione, strumenti "essenziali" per abbattere lo stigma ancora persistente e promuovere una cultura di inclusione e informazione. Infatti, nonostante i progressi della ricerca scientifica e delle terapie antiretrovirali, la mancanza di informazione, la scarsa diffusione della PrEP, e il silenzio che ancora avvolge l'HIV, impediscono la diminuzione del numero di nuove infezioni. Gli ultimi dati italiani indicano che nel 2023 sono state registrate ancora oltre 2.300 nuove diagnosi, di cui il 60% avvenute quando il sistema immunitario è già compromesso. 

"Far emergere il sommerso"

Andrea Antinori, direttore del Dipartimento Clinico dell'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani IRCCS di Roma, ha ricordato quanto sia importante far emergere il sommerso. “Sono circa 9mila gli italiani che hanno l'Hiv ma non lo sanno, quindi possono trasmettere l'infezione ad altri e soprattutto progredire, perché in assenza di terapia. Questo sommerso va fatto emergere con un uso appropriato del test per Hiv, strumento fondamentale, molto efficace, gratuito, che si può fare in totale anonimato. Il test serve a far emergere queste infezioni misconosciute, per consentire a noi medici di trattare questi pazienti e, di conseguenza, di ridurre la loro carica virale, di azzerare la loro contagiosità, perché la carica virale non rilevabile significa assenza di rischio di trasmissione”.

Esiste la profilassi?

Le opzioni attuali di prevenzione, in particolare la profilassi pre-esposizione (PrEP), non sempre rispondono pienamente alle esigenze di coloro che desiderano o necessitano di protezione contro l'HIV. Per molti, le soluzioni esistenti non sono sufficienti e c'è una crescente richiesta di modalità di prevenzione più accessibili, efficaci e pratiche. "Allo stato attuale, si stima che in Italia ci siano circa 140.000 persone che vivono con l'HIV  ha evidenziato Antinori –. Per affrontare davvero l'epidemia, è fondamentale mettere in campo strategie di prevenzione strutturate, che rendano accessibili strumenti come il test per l'HIV, il profilattico e soprattutto la PrEP. Serve un investimento deciso su informazione, cultura della percezione del rischio e servizi territoriali, come i checkpoint, che devono essere rafforzati anche grazie a risorse pubbliche. Solo con una risposta condivisa e intersettoriale potremo far emergere il sommerso, interrompere le nuove infezioni e costruire una rete di prevenzione davvero efficace".

Tra prevenzione e informazione

Particolare attenzione è stata posta al tema della prevenzione, strumento "chiave" per cambiare rotta e raggiungere l'obiettivo di diminuire drasticamente il numero di nuove infezioni, hanno fatto sapere gli esperti, e sul concetto di U=U (undetectable=untransmittable, cioè non rilevabile, non trasmissibile). L'innovazione terapeutica, infatti, da una parte consente di pensare a una protezione pre-esposizione efficace e flessibile, dall'altra a terapie in grado di abbassare così tanto la carica virale da impedire la trasmissione del virus da parte della persona con HIV. "Nonostante questi innegabili successi, restano ancora criticità che è necessario affrontare a livello globale- ha fatto sapere nel corso dell'evento il professor Stefano Vella, Infettivologo e docente di salute globale all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma- Va garantito un maggior accesso alle terapie sia per prevenire l'infezione sia per curare chi l'ha contratta. La storia dell'HIV ci insegna che ogni traguardo è stato raggiunto grazie alla collaborazione tra ricerca scientifica, attivismo e volontà politica. È questo il modello che dobbiamo rilanciare oggi, per superare le disuguaglianze nell'accesso ai trattamenti, rafforzare l'aderenza terapeutica e rimettere al centro la prevenzione. Solo così potremo davvero parlare di fine dell'epidemia".

PrEP: os’è e come funziona?

A proposito di informazione: merita sicuramente un approfondimento la Protezione pre-esposizione, nota come PrEP. Strumento di prevenzione di recente diffusione, ancora poco conosciuto, che si rivolge alla platea di persone sieronegative, ovvero coloro che non sono mai entrate in contatto con il virus. Come spiega la Lega Italiana per la Lotta all'Aids: "La Profilassi Pre Esposizione (PrEP) consiste nell’assunzione di farmaci anti-HIV, prima di esporsi a dei rischi, per prevenire l’infezione. Storicamente la PrEP è stata pensata come strumento di prevenzione per le persone con comportamenti ad elevato rischio di contrarre l’HIV, in particolare per coloro che non usano mai il profilattico o lo usano in modo sporadico e hanno frequenti rapporti occasionali. Negli USA è in uso dal 2012, mentre in Europa è stata introdotta nel 2016".  

Chi dovrebbe fare la PrEP

Prima di iniziare la PrEP è dunque necessario essere certi di non avere l’HIV: è quindi prevista l’effettuazione preliminare di un test per l’HIV di quarta generazione, che dovrà essere poi ripetuto regolarmente per tutto il periodo della profilassi. L’assunzione della PrEP in una persona che ha già l’HIV, potrebbe generare delle resistenze ai farmaci che non potrebbero poi più essere utilizzati come terapia anti-HIV. 

La PrEP è fortemente raccomandata alle persone che corrono un rischio sostanziale di contrarre l’HIV. Persone che non usano mai il profilattico o lo usano in modo sporadico e hanno rapporti occasionali o con partner a rischio per l’HIV. Oltre a queste condizioni, ci sono ulteriori fattori, associati ad un più alto rischio di contrarre l’HIV, che fanno propendere per la PrEP, tra cui una recente Infezione Sessualmente Trasmissibile (IST), il ricorso alla Profilassi Post-Esposizione (PPE) e l’uso di sostanze psicoattive durante i rapporti sessuali, in particolare mefedrone, GHB/GBL e metanfetamine (ChemSex).

Persone che, facendo uso di sostanze per via iniettiva, condividono siringhe e strumenti (cucchiaini, fiale, filtri) con altre.  

Per chi non è indicata

La PrEP non è indicata a chi utilizza sempre il profilattico per proteggere i rapporti sessuali, né ai/alle partner sessuali delle persone con HIV che seguono regolarmente la terapia e hanno la carica virale irrilevabile (U=U, ossia Undetectable = Untransittable: se l’HIV non è rilevabile, non è trasmissibile); la PrEP è indicata solo ai/alle partner sessuali delle persone con HIV che non seguono una terapia o non la seguono con regolarità o che, avendola appena iniziata, non hanno ancora raggiunto la soppressione virologica. Il fattore più rilevante correlato all’efficacia preventiva della profilassi è l’aderenza alle prescrizioni mediche. No al fai-da-te! Per evitare che la PrEP sia inefficace, o addirittura dannosa, è molto importante farsi seguire da un Centro PrEP.

"Informazione e riduzione delle disuguaglianze"

"L'HIV è una questione di salute pubblica che non può essere affrontata solo con approcci locali o settoriali, ma deve essere al centro delle politiche sanitarie nazionali- questo l'auspicio di Mauro D'Attis, Componente V Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione e primo firmatario della Proposta di legge sull'HIV- L'impegno istituzionale che stiamo mettendo va oltre la pur decisiva allocazione di risorse: occorre una nuova legge poiché è necessario garantire che i fondi pubblici siano indirizzati in modo efficace verso la sensibilizzazione e la prevenzione a 360 gradi, la cura e la riduzione delle disuguaglianze nell'accesso ai trattamenti. Così, con politiche mirate e la collaborazione con le comunità scientifiche e civili, possiamo raggiungere l'obiettivo di porre fine all'epidemia- ha concluso- e migliorare la vita delle persone che vivono con l'HIV".