Demenza senile: 1 caso su 3 può dipendere dalla perdita dell’udito. Cosa dice la scienza

Uno studio americano rafforza il collegamento tra ipoacusia e declino cognitivo negli anziani, sottolineando l'importanza della prevenzione uditiva per contrastare la malattia

di Redazione Salus
23 aprile 2025
Un udito debole può favorire la demenza senile

Un udito debole può favorire la demenza senile

Un caso di demenza senile su tre potrebbe essere collegato a una perdita dell’udito. È quanto viene supposto da una recente ricerca condotta dalla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora (Usa) e pubblicata sulla rivista Jama Otolaryngology–Head & Neck Surgery.

In passato altri lavori scientifici hanno già evidenziato un legame tra l’ipoacusia (ovvero la riduzione dell’udito) e il declino cognitivo negli anziani, ma secondo gli scienziati americani il peso di questo fattore di rischio è stato finora sottovalutato.

Donne più a rischio degli uomini

I ricercatori della Johns Hopkins hanno monitorato 2.946 persone affette da ipoacusia di varia entità e con un’età media di 75 anni. Il periodo di osservazione è durato otto anni, durante i quali è stato rilevato che il 32% dei casi di demenza insorti poteva essere ricondotto a problemi uditivi.

Dato interessante e per certi versi preoccupante, la gravità della perdita non sembrava incidere in modo significativo sulla percentuale di rischio: tra chi aveva una perdita lieve dell’udito è infatti stata registrata una probabilità di sviluppare demenza del 16,2%, che saliva solo al 16,6% per chi accusava invece una forma moderata o grave di sordità.

Inoltre, è stata riscontrata una marcata differenza tra i sessi: le donne con ipoacusia hanno infatti dimostrato di avere una probabilità maggiore (30,8%) di sviluppare una demenza senile rispetto agli uomini (24%).

Previsti oltre 150 milioni di casi nel 2050

I più recenti dati epidemiologici stimano in circa 57,4 milioni le persone affette da demenza senile a livello mondiale, con gli esperti che prevedono un vero “boom” della patologia con il raggiungimento di oltre 150 milioni di casi nel 2050. Mentre sul sito del Ministero della Sanità si legge che “in Italia sulla base della popolazione residente al 1° gennaio 2023 (ISTAT) è possibile stimare 1.126.961 casi di demenza nella fascia d’età uguale o superiore ai 65 anni”.

Secondo gli autori del recente studio, la prevenzione dell’ipoacusia con adeguate campagne nella popolazione che entra nell’invecchiamento e la gestione tempestiva della perdita uditiva potrebbero ritardare lo sviluppo della demenza anche di diversi anni.

Ecco poi la lista dei 14 fattori di rischio indicati insieme con l’ipoacusia dall’autorevolissima Lancet Commision: sedentarietà, fumo di sigaretta, eccessivo consumo di alcool, inquinamento atmosferico, traumi cranici, pochi contatti sociali, scarsa istruzione, obesità, ipertensione, diabete, depressione, ipercolesterolemia, perdita della vista.