Glicemia, grasso corporeo, pressione e colesterolo sono i valori da controllare
Longevità a portata di mano. Le persone con diabete possono guadagnare fino a 10 anni di vita in più correggendo i valori di 4 parametri che fanno la differenza: glicemia, grasso corporeo, pressione arteriosa e colesterolo.
In particolare è la riduzione progressiva dell’indice di massa corporea che, da sola, si dimostra associata a un aumento di quasi 4 anni dell’aspettativa di vita. A indicarlo è uno studio pubblicato su JAMA Network Open, condotto da ricercatori della Università della Florida a Gainesville. Lo stato della Florida, negli Usa, è in assoluto il paradiso della terza età, un luogo gli anziani vanno a svernare, spesso qui si stabiliscono quando vanno in pensione, da qui l’attenzione nei confronti degli anziani, il culto dell’eterna giovinezza.
Tornano allo studio, su un campione rappresentativo per soggetti con diabete, età media 65,6 anni, si è visto che le persone che all’inizio dello studio avevano i livelli più alti di emoglobina glicata (indice di compenso glicemico) e che sono riusciti a rientrare nei valori normali (5,9%) hanno guadagnato 3,8 anni di aspettativa di vita. Simile l’impatto della riduzione di peso: chi, partendo da un indice di massa corporea di 41, equivalente all’obesità grave, riusciva ad arrivare 24 guadagnava 3,9 anni in più da vivere.
Rispetto a chi aveva i valori elevati della pressione arteriosa, leggi ipertensione, chi aveva livelli inferiori (114) ha conquistato altri 1,9 anni di vita da vivere. I risultati sono meno eclatanti, ma ugualmente degni di nota, per quanto riguarda la riduzione dei livelli del colesterolo: rispetto a quanti avevano i valori elevati, quelli con livelli medi, di 59 di colesterolo, avevano un aumento di quasi un anno nella spettanza di vita.
Un migliore controllo di questi biomarcatori complessivamente, spiegano i ricercatori, regala una aspettativa di vita aggiuntiva di 3 anni a una persona con diabete. Ma, per chi parte da valori molto elevati, il vantaggio arriva fino a 10 anni e le persone giovani tendono ad avere maggiori benefici da questa correzione di rotta.
“Risultati come quelli che abbiamo visto – ha dichiarato Angelo Avogaro, presidente eletto della Società italiana di diabetologia (SID) – dimostrano che normalizzare simultaneamente peso, controllo glicemico, pressione arteriosa e colesterolo ha un impatto enorme sull’aspettativa di vita di chi ha il diabete. Questi risultati sono estremamente importanti in termine di salute pubblica e di prevenzione cardiovascolare e possono essere utilizzati dai medici per motivare i loro assistiti”.
Ma quali passi dovrebbe compiere il Servizio sanitario nazionale per spingere i medici di famiglia a innalzare ulteriormente gli standard in termini di cura e prevenzione facendo leva sui loro pazienti? Motore Sanità ha fatto il punto in occasione dell’evento “Nord – PNRR e Diabete” del 5 maggio scorso, organizzato con il contributo incondizionato di Abbott e Boehringer Ingelheim. L’esperienza, maturata a causa dell’emergenza pandemica da Covid-19, ha fatto emergere la necessità di ripensare il rapporto tra assistito e territorio al fine di renderlo più sinergico con i servizi attualmente offerti dai centri diabetologici multi-professionali e di garantire maggiore integrazione tra le strutture diabetologiche e la medicina del territorio.
“La Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – ha spiegato in questo senso Angelo Avogaro, professore di endocrinologia e malattie del metabolismo all’ Università di Padova, oltre che presidente eletto SID – impone di ragionare in una ottica di rafforzamento dell’offerta di salute dedicata alla cronicità di cui il diabete rappresenta il modello per eccellenza”.
Secondo il giudizio degli specialisti, i punti chiave per fare un salto di qualità nell’assistenza, nella prevenzione e nell’adozione si sani stili di vita nelle persone con diabete si possono riassumere nei punti seguenti: