Foto: Eloi_Omella / iStock
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L’inquinamento degli oceani e dei mari, si sa, è uno dei grandi problemi ecologici del nostro tempo. Ma siamo sicuri che non sia anche un problema di natura sanitaria? Ad approfondire la questione è stato un report pubblicato sulla rivista Annals of Global Health, che ha fornito una delle valutazioni più complete sull’impatto della plastica (e non solo) nei mari sulla comparsa di determinate patologie.

Dieci milioni di tonnellate di plastica

Il report comincia specificando che l’inquinamento degli oceani non si limita alla plastica, ma consiste in una complessa miscela di metalli tossici, plastica, prodotti chimici manifatturieri, petrolio, rifiuti urbani e industriali, pesticidi e fertilizzanti, prodotti chimici e acque reflue. Più dell’80% di queste sostanze proviene da fonti terrestri e raggiunge le acque attraverso i fiumi, la pioggia o la neve (che trasportano numerosi inquinanti atmosferici) e gli scarichi diretti. L’inquinamento degli oceani, inoltre, è molto più concentrato lungo le coste dei paesi a basso e medio reddito: questo perché spesso non dispongono dei sistemi necessari per impedire che questi rifiuti vadano dritti nelle acque. Ogni anno, spiegano gli esperti, più di dieci milioni di tonnellate di plastica entrano nei mari e negli oceani, e la maggior parte di questi si scompone in particelle microplastiche (più piccole di 1 millimetro) e si accumula nei sedimenti costieri e negli abissi.

Infiammazioni e tumori

Le microplastiche sono particolarmente dannose per la salute, in quanto contengono molteplici sostanze chimiche tossiche che vengono aggiunte ai prodotti di plastica per renderli flessibili, colorati, impermeabili o ignifughi. Ed ecco che in queste particelle si trovano cancerogeni, neurotossine e altre sostanze chimiche che interferiscono con gli ormoni e possono causare vari tipi di cancro e riduzioni della fertilità. Le particelle in questione si accumulano nei pesci e nei crostacei, entrando regolarmente nella nostra catena alimentare. Noi esseri umani, secondo un ricerca australiana commissionata dal WWF, ingeriamo circa 5 grammi di microplastiche alla settimana (il peso di una carta di credito): a lungo andare, tutto ciò incrementa i processi infiammatori nel nostro organismo e ci espone a un maggior rischio di cancro, anche se la scienza deve ancora comprendere in modo approfondito i reali danni di queste particelle sul nostro organismo.

L’impatto del mercurio sulle donne incinte

Un aspetto che spesso si sottovaluta dell’inquinamento degli oceani riguarda i danni del mercurio, che si diffonde nelle acque in seguito alla combustione del carbone nelle abitazioni private e nelle industrie. Il carbone contiene mercurio, e quando il carbone brucia il mercurio si vaporizza e poi cade in mare. Il mercurio, dunque, si accumula all’interno di pesci come il tonno e il pesce spada, che sono a dir poco comuni nella nostra alimentazione. Questa sostanza chimica, specifica il report, è particolarmente pericolosa per le donne incinte: il mercurio rischia di danneggiare il cervello in via di sviluppo dei bambini in grembo, esponendoli a una riduzione del QI, all’autismo e a disturbi dell’apprendimento una volta nati. Negli adulti, invece, il mercurio può causare malattie cardiache e problemi di demenza.