Uno studio inglese avverte: le funzioni cerebrali sono messe a rischio nella terza età da precedenti incidenti nello sport e sul lavoro
Secondo una nuova ricerca condotta in Gran Bretagna, l’aver subìto tre o più traumi cranici da giovani è collegato a un peggioramento della funzionalità del cervello quando si invecchia.
Dall’indagine, la più grande del suo genere e i cui risultati sono stati pubblicati nel Journal of Neurotrauma, è inoltre emerso che anche una sola commozione o lesione cerebrale può avere un impatto a lungo termine sulle funzioni cerebrali, compresa la memoria.
Condotta da team dell’Università di Oxford e dell’Università di Exeter, la ricerca ha preso in considerazione i dati di oltre 15.000 partecipanti allo studio online PROTECT, di età compresa tra i 50 e i 90 anni e residenti nel Regno Unito. I soggetti coinvolti hanno riferito la gravità e la frequenza delle commozioni cerebrali subite nel corso della loro vita e hanno svolto test annuali al computer per valutare lo stato di forma del loro cervello.
Alla fine dello studio i ricercatori hanno potuto constatare che le persone che avevano riportato tre o più commozioni cerebrali presentavano una funzione cognitiva significativamente peggiore, con la capacità di attenzione e quella di portare a termine compiti complessi che risultavano particolarmente compromesse.
Addirittura, i soggetti con quattro o più episodi di commozione cerebrale alle spalle hanno mostrato un peggioramento della velocità di elaborazione delle informazioni così come della memoria.
Nel commentare lo studio, la dottoressa Vanessa Raymont dell’Università di Oxford ha dichiarato: “Sappiamo che i traumi cranici sono un importante fattore di rischio per la demenza senile, ma questo studio su larga scala fotografa ulteriori rischi: più volte si verifica un danno al cervello nel corso della vita, peggiore potrebbe essere la funzione cerebrale con l’avanzare dell’età. Le persone che hanno subìto tre o più episodi anche lievi di commozione cerebrale dovrebbero allora considerare attentamente se continuare a svolgere attività ad alto rischio oppure no. E al contempo è necessario sensibilizzare le realtà lavorative e sportive che operano in settori e discipline in cui la testa è più a rischio di traumi così da mettere in atto misure che proteggano maggiormente dipendenti e atleti”.