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Grano o farro, tutta l’energia del pane

Cereali consumati fin dall’antichità per le loro indiscutibili proprietà nutrizionali

24/07/2022 - di Ciro Vestita

La battaglia di Canne è rimasta famosa nei secoli e viene studiata ancora nelle scuole militari di tutto il mondo, in primis nella Accademia di West Point, per come Annibale riuscì a sconfiggerei i romani, creando false ritirate per poi chiudere il nemico a tenaglia. E qui il grande dubbio: perché Annibale non andò a prendersi Roma? Racconta Tito Livio, che Maarbale, il comandante di cavalleria dell’esercito cartaginese, conosciuto per aver affiancato Annibale nella seconda guerra punica, dopo la netta vittoria di Canne scongiurò il suo generale di partire: «Die quinto Victor in Campitolio epulaberis». Tra cinque giorni, mio generale, banchetterai in Campidoglio. «Seguimi – gli dice ancora Maarbale –, io ti precedo con la cavalleria, farò in modo che i Romani sappiano che sei arrivato prima ancora di sapere che stai per arrivare». Annibale però non partì, non si mosse, e nessuno sa spiegarsi perché. Forse, come sospettò Maarbale, «Vincere scis, Hannibal, victoria uti nescis»: sai vincere, Annibale, ma non sai sfruttare la vittoria.

 

Perché Maarbale piaceva tanto a Montgomery? Probabilmente per le sue abitudini spartane e forse perché prediligeva lo stesso tipo di vita del numida: vita sobria, alimentazione semplice. Maarbale portò con sé in Italia le abitudini della cucina numida: cibi ricchi di spezie (cumino, coriandolo, anice, aneto) capaci di combattere le tante malattie infettive di quei tempi e, nel contempo, di dare energia ai soldati. Pare che anche Montgomery consigliasse queste spezie ai suoi soldati per combattere le dissenterie che stavano infatti sterminando l’esercito tedesco. In particolare il Generale inglese adorava il peperoncino, spezia a suo avviso, capace non solo di proteggerlo dalle infezioni ma anche di energizzarlo.

 

Facciamo ancora un passo indietro; perché Annibale scelse proprio Canne per la battaglia del millennio? Una interpretazione romantica (in primis quella di Francesco Petrarca) afferma che Annibale si fosse innamorato di una giovane pugliese di Oria, tal Uriana che lo seguiva come un ombra. Ma gli storici più crudi affermano che Annibale, dovendo dar da mangiare a cinquantamila soldati abbia scelto il Tavoliere delle Puglie per la sua abbondanza in ottimo grano con cui avrebbe sfamato per mesi il suo esercito.

 

Da sempre si sapeva che il grano Pugliese era il migliore ed il più energizzante, coltivato con amore dagli Appuli per rifornire l’esercito romano. Ed infatti il termine Tavoliere non deriva dal fatto che Canne sia in una grande pianura, ma da “Tabulae censuarie” un severo catasto romano per vidimare la proprietà di queste fertili terre. Grande condottiero, Annibale fu quindi anche un grande organizzatore, trovando il modo di fornire alle truppe ottimi pani e focacce. Non aveva certo sbagliato: a distanza di due millenni, anche oggi il pane prodotto in Puglia è semplicemente eccezionale: basti pensare al pane di Altamura semplicemente favoloso. Nei dieci anni di permanenza in Italia i cuochi di Annibale attinsero a piene mani alle ricette romane. In quel periodo, i forni romani sfornavano tanti tipi di pane, a partire dal Panis militaris, molto robusto visto che veniva farcito con pezzetti di lardo utile per il grande dispendio energetico dei soldati. Ma le meraviglie della agricoltura di quegli anni era la varietà di cereali prodotta, soprattutto il Farro, il cereale, più antico del mondo (da Farro deriva il termine farina).

 

Farina di castagne, retaggio contadino

«Mugoli o non mugoli, pan di terra e vin di nuvoli», severo ammonimento dei contadini toscani, che sotto i Lorena erano praticamente trattati come servi della gleba: “piangi o non piangi“, veniva detto ai ragazzi,avrai solo vino delle nuvole (cioè acqua) e il pane della terra, cioè castagne. Per secoli la dorsale appenninica aveva potuto fornire pochi cereali, viste le caratteristiche del terreno sempre scosceso e mai pianeggiante come il Tavoliere delle Puglie.

 

La principale fonte alimentare erano quindi le castagne, cibo altamente energetico che con la macinatura dava un ottima farina. Ed ecco quindi la nascita nell’Ottocento di grandi castagneti con frutti meravigliosi ed ecologici; questo perché i castagni, alberi immensi, potevano essere piantati solo in coltivazioni estensive e mai intensive. Non solo: questi alberi non possono essere trattati con pesticidi visto, che nessuno si sogna di andare a irrorarli a trenta metri di altezza.