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Farro e legumi per una forza da gladiatori

Un'alimentazione vegetariana completata da un buon pane tonifica i muscoli

19/12/2021 - di Ciro Vestita

Il 18 dicembre del 1860 Karl Marx conclude i suoi studi sul proletariato inviando una lettera al collega Engels per spiegare che la situazione degli operai della rivoluzione industriale era molto simile a quella dei gladiatori dell’antica Roma con riferimento a Spartaco e Crisso, famosi per la loro ribellione contro l’Impero romano. Ciò che portò alla rivolta, asseriva Marx, non era la fame ma la privazione della libertà, cosa onnipresente sia nell’antica Roma che nelle fabbriche dell’Ottocento ove gli operai passavano 16 ore al giorno ai telai o alle presse.

 

L’alimentazione era invece paradossalmente ben curata; gli schiavi, sia antichi che moderni, dovevano mangiare bene per produrre molto. E, da pochi anni, una strana conferma: nei tombini fogniari del Colosseo, ove i gladiatori davano spettacolo sono stati ritrovati residui di cereali (in primis farro ed orzo), tracce di leguminose (soprattutto ceci, lenticchie lupini). Ma non residui di carne o lische di pesci.

 

In sintesi una dieta vegetariana accompagnata da un ottimo pane: in quel tempo esistevano diversi tipi di pane, in primis il Panis Palatinus fatto con farine bianche (era il pane dei nobili), poi c’era il Panis Nauticus che conservava la sua freschezza nei lunghi viaggi di mare, ed infine il migliore, il Panis Militaris, molto energizzante fatto con farina integrale, semi di lino ed olio di oliva.

 

I medici del tempo, infatti, che avevano il compito di trattare come gioielli i gladiatori, ritenevano che un grande vigore muscolare si ottenesse soprattutto con proteine vegetali e pani arricchiti, seguendo il pensiero di Ippocrate che già secoli prima aveva asserito che l’animale più forte della foresta, il Gorilla, fosse appunto vegetariano. E quindi anche noi abbondiamo con zuppe di farro e cavolo nero,minestre di orzo e curcuma, castagnaccio con pinoli e rosmarino. Una delizia soprattutto per gli atleti cui concederemo anche un po’ di vino rosso alla sera. Tutto molto salutare, energizzante e soprattutto risparmioso.

 

Ma se prima del pasto volessimo concederci un aperitivo? Il mio preferito è senz’altro il Bloody Mary, non fosse altro per la storia che lo precede. Nel 1647 muore Enrico VIII re di Inghilterra, famoso più per lo sterminio delle sei mogli che per i suoi meriti militari. La prima vittima fu Caterina d’Aragona, fervente cattolica avvelenata dai giannizzeri del re; poi Anna Bolena e Catherine Howard, decapitate con l’accusa di alto tradimento. Strano a dirsi, Enrico fu anche ’clemente’ con Anna Bolena: per la sua decapitazione fece arrivare dalla Francia un boia molto esperto e veloce nell’esecuzione della pena.

 

L’inclinazione del re a far decapitare persone della sua corte si estese anche ad amici e parenti; nel 1641 cadde la testa più celebre, quella di Tommaso Moro, reo di non aver abiurato alla fede cattolica in favore del protestantesimo del re (Tommaso fu poi fatto Santo). Con la morte di Enrico VIII sale al trono la sua primogenita che invece dell’ascia, per eliminare i suoi nemici usava il fuoco: nei suoi brevi anni di regno mandò al rogo duecento nemici religiosi, e per questo fu denominata Bloody Mary, cioè Maria la Sanguinaria. Per arrivare al nostro apertivo bisogna però aspettare il 1939, quando un barman famoso, George Jessel, creò un cocktail a base di pomodoro, vodka e tabasco: visto il suo colore sanguigno, lo chiamò proprio Bloody Mary.

 

Peperoncino: meglio decotto o Virgin Mary?

Fino a pochi mesi fa parlare del peperoncino come presidio terapeutico faceva storcere il naso; ma ad ottobre il David Julius ha vinto il premio Nobel per la medicina per i suoi studi che partono dalle reazioni al peperoncino.

 

Il miglior modo per usare il peperoncino (utile contro tante patologie virali ed ottimo per abbassare il colesterolo) è farne un decotto in latte bollente. Ma fra le feste concediamoci magari un Virgin Mary, aperitivo analcolico fatto con Tabasco (peperoncino messicano).

 

Com’è nato il ’Pan di Toni’: dolce da re

Era una notte buia e tempestosa: al castello di Ludovico il Moro arriva il Re di Francia Carlo VIII e la servitù si dispera, perché non ci sono viveri abbastanza per i cavalieri del Re e soprattutto nessun dolce per il sovrano francese, che ha la fama di essere molto ghiotto. Ma Toni, il cuoco di Ludovico, non si dispera: ha da parte un impasto di burro e farina, li mescola con uvetta e canditi e mette tutto in forno. Nacque così il Pan di Toni ovvero il Panettone, da associare a buone bollicine.

 

 

Un bicchiere di spumante a Natale ci può fare solo del bene, visto che il vino è ricco in resveratrolo, una molecola cardioprotettiva. Un aperitivo con un po’ di bollicine è consigliato soprattutto ai soggetti che hanno poco appetito (succede spesso con gli anziani): lo stomaco si “apre” e si mangia un po’ di più. Non per niente il termine aperitivo deriva dal latino “aperire”, aprire. L’importante con gli alcolici è non eccedere mai.