Medicina

Cure hi-tech per le malattie del sangue

di
Donatella Barbetta
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Car-T, cellule geneticamente riprogrammate per uccidere il tumore, cell factory, trapianto di midollo osseo, farmaci biologici e intelligenti: sono le nuove armi a disposizione dell’ematologia.

 

 

Qual è lo scenario terapeutico che si apre davanti a una diagnosi di malattia del sangue?

 

«Oggi questa diagnosi non corrisponde più a una tragica sentenza. L’ematologia è, infatti, la branca della medicina che negli ultimi venti anni ha beneficiato maggiormente dell’evoluzione tecnico-scientifica. Grazie agli avanzamenti della conoscenza biologica e molecolare assistiamo alla continua messa a punto di farmaci biologici, intelligenti e specifici. In Italia le neoplasie ematologiche ammontano a circa 36mila all’anno e sono circa il 10% di tutte le diagnosi di tumore: la prima è rappresentata dai linfomi, 15mila all’anno, quindi le leucemie, sia acute sia croniche, circa 8mila, infine il mieloma multiplo, con 5mila casi», risponde Francesca Bonifazi, 53 anni, direttrice del programma dipartimentale terapie cellulari dell’Irccs Sant’Orsola di Bologna.

 

 

Quando si ricorre al trapianto di midollo osseo?

«Il trapianto di cellule staminali emopoietiche rappresenta una terapia salvavita per molte malattie ematologiche neoplastiche e non, quali leucemie acute, mielodisplasie e linfomi, per citare le più frequenti, e poi ancora per emoglobinopatie, immunodeficienze acquisite e congenite. Il trapianto è in grado di superare la resistenza alla chemioterapia e ai farmaci in generale: sfrutta l’azione del sistema immunitario del donatore che, attecchendo nel paziente, riconosce e uccide la malattia del paziente, è il cosiddetto trapianto allogenico. Quando le cellule trapiantate sono prelevate dal paziente stesso si parla di trapianto autologo».

 

 

Quindi le cellule del donatore agiscono come un farmaco?

 

«Sì e danno la guarigione, per questo si chiama terapia cellulare. Sfruttando l’azione delle cellule per guarire, un centro trapianto e di terapia cellulare ha bisogno di avere una piattaforma di ricerca di immunobiologia del trapianti e delle terapie cellulari».

 

 

Qual è l’obiettivo della piattaforma?

«Studiare e capire come funziona il sistema immunitario, alla base dei trapianti e delle Car-T, la versione 2.0 delle terapie cellulari. In questo laboratorio, prodromico alla futura cell factory, analizziamo l’efficacia, le complicanze, i meccanismi di resistenza di queste terapie rivoluzionarie al fine di migliorarne l’efficacia e la sicurezza».

 

 

Car-T, da dove nasce il nome?

 

«Da Chimeric antigen receptor T cells: significa che i linfociti T sono modificati geneticamente, ovvero che il recettore con cui i linfociti riconoscono le cellule neoplastiche è modificato, mescolando vari geni di proteine diverse che vengono unite. La parola chimera rimanda alla mitologia e all’essere derivato dall’unione di animali diversi. Oggi le terapie con cellule Car-T sono autorizzate per alcuni tipi di linfomi, di leucemia acuta linfoblastica e presto anche per il mieloma multiplo».

 

 

Quando saranno prodotte nella cell factory?

 

«Attualmente si stanno identificando sei strutture in Italia per la costruzione di altrettante cell factories per la produzione di cellule Car-T e si affiancheranno ai centri del Bambino Gesù di Roma, della Fondazione Tettamanti presso l’ospedale San Gerardo di Monza e, attraverso una collaborazione scientifica con la Fondazione, anche dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Abbiamo presentato la nostra candidatura, quindi siamo in trepida attesa. Verrà ospitata nella nuova costruzione finanziata e sostenuta dalla Fondazione Isabella Seràgnoli, in accordo con la Regione Emilia-Romagna, l’Irccs Sant’Orsola e l’Alma Mater. Per ora somministriamo infusioni di Car-T prodotte altrove».

 

 

Quante infusioni di Car-T sono state eseguite lo scorso anno?

 

«Ho eseguito nella mia unità 41 infusioni di Car-T, numero che riteniamo di poter raddoppiare, insieme a quello dei trapianti allogenici, quando sarà pronta la nuova struttura. Questo aspetto tuttavia vede all’orizzonte anche un aspetto oscuro di questa straordinaria metodica: la sostenibilità economica. Ogni somministrazione, infatti, ha un costo di poco superiore ai 300mila euro. La ricerca tuttavia non si ferma e oltre a sviluppare nuove Car-T anche per altre malattie, vedrà a breve la sperimentazione di Car-T allogenici, ovvero da donatori universali dai quali produrre molti ’lotti’ da infondere, con potenziale abbattimento dei costi».

 

 

Quanto è importante la raccolta fondi?

 

«Fondamentale. Per poter fare ricerca, investimento ‘sociale’, occorrono soldi. Puntiamo a far lavorare in sinergia l’unità clinica, la piattaforma di ricerca e la futura cell factory per arrivare a una ricerca traslazionale, from bench to bedside and from bedside to bench, dal bancone di laboratorio al letto del malato e viceversa. Le risorse vengono ovviamente principalmente dall’Irccs Sant’Orsola, dalla Regione Emilia-Romagna, da finanziamenti della ricerca nazionali e internazionali, da Ail Bologna, nata nel 1992 su iniziativa del professor Sante Tura, scomparso nel 2021: ora l’associazione ci sostiene con il progetto GoCar-T. E poi ci affidiamo al buon cuore della gente».

 

Note biografiche

L’ematologa Francesca Bonifazi, 53 anni, sposata, tre figli, è nata a Fermo, nelle Marche, e si è laureata in Medicina e chirurgia all’Università di Bologna. Già presidente del Gruppo italiano per il trapianto di midollo osseo (Gitmo) dal 2015 al 2019, all’Irccs Sant’Orsola, dove dirige il programma dipartimentale terapie cellulari avanzate, ha eseguito 1.400 trapianti allogenici di midollo osseo, e 95 infusioni di cellule Car-T.

 

Trapianto allogenico di staminali: requisiti per i donatori compatibili

 

Si può procedere a un trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche prelevate da un donatore se quest’ultimo è compatibile. «Il donatore può essere un familiare geneticamente identico – osserva Francesca Bonifazi – e la probabilità di reperirlo è del 25%, o un familiare geneticamente uguale a metà, ovvero aplo-identico, probabilità al 50%, o ancora una persona esterna alla famiglia e presente nel Registro dei donatori di midollo osseo. Oggi la modalità di donazione prevalente è tramite prelievo da una vena del braccio dopo somministrazione di una sostanza che sposta le cellule staminali del midollo osseo al sangue. Il cordone ombelicale, invece, è usato raramente a causa del basso numero di cellule staminali e quindi è usato più frequentemente nei bambini, perché hanno un peso inferiore». Per informazioni sul Registro donatori: www.ibmdr.galliera.it o www.admo.it.

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