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Cuore, angioplastica salvavita ma lento recupero post-Covid

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Angioplastica salvavita, ma lento recupero post-Covid in cardiologia interventistica. La pandemia ha rallentato l’attività dei laboratori di emodinamica in Italia, facendo registrare cali fino al 20% nel numero di procedure erogate. Le liste d’attesa sono state in buona parte smaltite ma siamo ancora indietro rispetto ai bisogni nei trattamenti più sofisticati per i malati di cuore: appena l’1.5% per esempio viene trattato per insufficienza della valvola mitrale e si interviene solo nel 14% dei casi di stenosi aortica.

 

Nonostante l’incremento degli interventi, si registra ancora un calo nel numero delle angioplastiche eseguite rispetto agli anni pre-Covid. Lo hanno segnalato gli esperti della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE) al Forum Risk Management in Sanità di Arezzo, sottolineando la necessità di intervenire con un Piano Nazionale Cardiovascolare che garantisca adeguati standard di cura su tutto il territorio in modo che la terapia sia tempestiva e sostenibile per tutti quelli che ne abbiano indicazione e necessità.

 

“Dopo il grande calo del 2020 causato dal Covid – ha affermato Giovanni Esposito, presidente GISE e direttore del dipartimento di Cardiologia all’Università Federico II di Napoli – abbiamo assistito a una ripresa degli interventi, con una crescita dal 7 al 36% nelle diverse procedure con l’eccezione dell’ angioplastica, dove c’è ancora una riduzione dell’8% rispetto al periodo pre-pandemia”.

 

Riparazione transcatetere

Dei pazienti con insufficienza della valvola mitrale (quattro volte più frequente della stenosi aortica) solo l’1.5% dei candidati al trattamento è approdato all’intervento di riparazione transcatetere (Tavi). Si tratta di una patologia gravata da una mortalità a un anno che arriva al 57%, e la procedura Tavi garantisce un miglioramento della qualità di vita e della funzionalità cardiaca, con una riduzione significativa dei successivi ricoveri.

 

Accordo Gise Agenas

L’impegno del Gise oggi è garantire standard di cura cogliendo l’opportunità per investire in tecnologie e innovazione. Da qui l’impegno a promuovere un piano cardiologico nazionale. La cardiologia interventistica italiana ha stilato un accordo con Agenas per la raccolta dati istantanea delle procedure eseguite e per elaborare documenti di indirizzo basati sulle evidenze, negli ambiti in cui c’è ancora incertezza clinica. Sono stati istituiti tavoli di lavoro sulla sostituzione transcatetere della valvola aortica, la riparazione transcatetere della mitrale e della tricuspide, il trattamento delle patologie cardioemboliche e l’ottimizzazione della rivascolarizzazione coronarica.

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