La cosiddetta immunità ibrida è la più efficace nei confronti del rischio di contrarre il Covid in maniera grave e finire all’ospedale. Gli individui che si dimostrano possedere un maggiore livello di protezione, osservati nel lasso di tempo di 12 mesi, risultano tutti quei soggetti che hanno ricevuto la serie piena e raccomandata di vaccinazioni contro il Sars-Cov2, e hanno hanno anche contratto occasionalmente una infezione da coronavirus.
La conferma di quanto si ipotizzava anche a livello empirico viene da uno studio dell’università di Calgary in Canada, condotto, su grandi numeri, in collaborazione con l’Oms, Organizzazione mondiale della sanità. La ricerca ha passato in rassegna e analizzato i dati emersi da studi condotti in tutto il mondo ed è pubblicata su Lancet Infectious Disease.
Nei casi di immunità ibrida la protezione tesa a limitare le ospedalizzazioni dei malati e il manifestarsi di malattia grave è rimasta addirittura sopra il 95% per 12 mesi, ha osservato l’autore principale del report, Lorenzo Subissi, ricercatore dell’Oms. “Sappiamo che nuove varianti continueranno a emergere – ha aggiunto – e i nostri risultati mostrano che le vaccinazioni potrebbero seguire di conseguenza un calendario specifico, a scadenze regolari”.
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L’analisi dimostra quindi che i livelli di protezione anticovid calano sostanzialmente nell’arco dei 12 mesi, sia per chi ha avuto il Covid, sia per chi è stato vaccinato e ha sviluppato una immunità ibrida coniugando vaccini e infezioni. Questo – secondo gli autori del rapporto – dimostra appunto che vaccinazioni periodiche sono l’arma migliore per tenere bassi i livelli di contagio nella popolazione.
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