L'inquinamento dell'aria incide sulla
letalità del Coronavirus. Il sospetto era già stato sollevato da più parti, ma ora l'ipotesi trova nuovo sostegno in
due diversi studi, uno condotto negli Stati Uniti e l'altro incentrato sulla situazione in Europa.
La prima indagine, condotta dall'Università di Harvard, ha raccolto informazioni sulla
qualità dell'aria di 3 mila contee statunitensi, insieme ai dati relativi ai casi confermati e ai
decessi per Covid-19 registrati fino al 4 aprile. "I risultati di questo rapporto suggeriscono che l'esposizione a lungo termine all'inquinamento atmosferico aumenta la vulnerabilità verso forme più gravi di Covid-19", scrivono gli autori del paper.
Nello specifico, il documento dimostrerebbe che a incidere maggiormente sul
rischio di morte sia il
particolato atmosferico PM 2,5, ossia le polveri con dimensioni minori o uguali a 2,5 micrometri. "Abbiamo trovato prove statisticamente significative", concludono i ricercatori, "che un aumento di un grammo per metro cubo nell'esposizione a lungo termine al PM2.5 è associato ad un incremento del 15% del tasso di mortalità per Covid-19". Il team di Harvard ha tenuto conto di vari fattori che avrebbero potuto
distorcere i risultati, tra cui le variabili socioeconomiche e il numero di letti d'ospedale in una determinata zona.
Una ricerca analoga a cura dell'Università Martin Lutero di Halle-Wittenberg, in Germania, ha invece messo a confronto i
tassi di mortalità per Covid-19 con un altro agente inquinante, il diossido di azoto. Si tratta di un gas di norma generato dai
processi di combustione, che può provocare danni irreversibili ai polmoni.
Gli scienziati hanno esaminato i dati del satellite dell'Esa
Sentinel 5P, mappando la distribuzione del
diossido di azoto in Europa nei mesi che hanno preceduto la pandemia. Parallelamente è stato tracciato il numero di decessi causati dal Coronavirus fino al 19 marzo, in 66 regioni tra Spagna, Italia, Francia e Germania. Su
4.443 persone morte, è così emerso che
3.487 di esse (pari al 78%) erano concentrate in cinque aree situate nel
nord Italia e nella
Spagna centrale, dove la combinazione tra alti livelli di diossido di azoto e tipo di flussi d'aria impedirebbe un'efficace dispersione dell'inquinamento atmosferico. "Questi numeri indicano che l'esposizione prolungata a questo gas potrebbe essere uno dei fattori che contribuiscono maggiormente alla mortalità causata da Covid-19, in queste regioni e forse in tutto il mondo."
Lo studio di Harvard è attualmente disponibile
in formato pre-print (cioè la bozza non ancora sottoposta a revisione paritaria), mentre il lavoro dei colleghi tedeschi è stato pubblicato
sulla rivista Science of The Total Environment. Entrambe le ricerche
presentano delle criticità degne di ulteriori approfondimenti; tuttavia secondo gli esperti i risultati preliminari sono già sufficienti per dirci che anche una volta superata l'emergenza da Coronavirus la qualità dell'aria rimarrà uno degli
aspetti chiave da monitorare per preservare salute umana.