Mamme in carriera, beate quelle che si affidano ai nonni
Ricerca su un campione di puerpere finlandesi, cala il ricorso agli ansiolitici quando genitori e suoceri fanno da baby sitter

Le donne che decidono di avere un figlio nel nostro Paese avranno a disposizione un congedo parentale di 6 mesi (10 giorni per i papà, ma tante aziende offrono licenze di gran lunga superiori a entrambi i genitori come benefit). Al termine, una volta ripreso il lavoro, le coppie potranno contare su un asilo nido. Beate le giovani mamme che possono contare sul supporto di genitori e suoceri, il contributo dei nonni baby sitter è nella maggior parte dei casi molto prezioso.
Una ricerca pubblicata su Population Studies da parte di un team di ricerca dell’università di Helsinki ha a proposito messo in luce come il ruolo di genitori e suoceri in determinate condizioni possa essere molto importante per la salute mentale delle madri, soprattutto se queste ultime sono single e devono dunque prendersi cura di un neonato senza il supporto di una figura maschile.
Lo studio
L’analisi condotta su un campione di madri finlandesi si è focalizzata sull’acquisto di psicofarmaci: si è notato che il ricorso agli ansiolitici era meno frequente nelle persone che potevano contare sul supporto dei familiari più anziani in veste di baby sitter e collaboratrici collaboratori domestici (colf). Come si potrebbe facilmente intuire, eventuali problemi a livello di salute mentale nelle madri erano molto meno pronunciati nel caso in cui i nonni fossero stati vicini anche da un punto di vista geografico e se la loro unione fosse stata solida. Gli scienziati hanno visto che “nel complesso, il ruolo svolto dalle nonne materne risulta essere di gran lunga quello più importante, mentre il sostegno offerto dai nonni paterni, pur con le dovute eccezioni, è apparso in generale meno rilevante”. I ricercatori hanno precisato che i risultati sono apparsi esplicativi soprattutto nel caso delle madri separate, le stesse che sovente si ritrovano a dover gestire la prole in completa autonomia.
Un altro elemento evidenziato è il fatto che non sempre la presenza di un nonno rappresenta una risorsa per la puerpera durante lo svezzamento. Lo studio ha infatti evidenziato che “avere un nonno anziano e fragile potrebbe addirittura essere controproducente, rappresentare un onere aggiuntivo per le madri, poiché non potranno aspettarsi di ricevere un adeguato sostegno da queste persone ma dovranno al contrario continuare a prendersi cura di loro e del bambino, al contempo”.
Il contesto italiano
È necessario ricordare che lo studio è stato svolto in Finlandia, dove alcune condizioni – per motivi culturali – sono essenzialmente diverse, per esempio dal punto di vista dell’assistenza sociale e sanitaria.
La situazione italiana ha, per esempio, alcune particolari specificità. Secondo dati ISTAT recenti, a proposito, se entrambi i genitori lavorano i nonni tendono ad occuparsi dei nipoti nel 60,4% dei casi, per bambini fino a 2 anni, nel 61,3%, per quelli dai 3 ai 5 anni, e nel 47,1% per i nipoti dai 6 anni in su. Tuttavia, se si considerano tutte le famiglie, incluse quindi anche quelle in cui entrambi i genitori non lavorano, la percentuale di nonne che si prendono cura dei nipoti si riduce al 34%, una cifra significativamente inferiore rispetto ad altri paesi europei; ad esempio, in base ai dati forniti dalla Survey on Health, Ageing and Retirement in Europe, il Belgio registra un tasso del 61% e la Francia del 57%. Eurispes, inoltre, ha messo in luce un ulteriore aspetto: oltre ad agevolare il lavoro ai genitori, in Italia i nonni forniscono ai loro parenti anche assistenza economica in diverse forme nel 72,7% dei casi.