Cambiamento climatico, gli europei si stanno adattando meglio al freddo che al caldo: la scienza spiega perché
Uno studio condotto dall’Istituto per la Salute Globale ha preso in esame i dati di 35 Paesi: all’interno del ‘climate change’ risultano più pericolose (a volte letali) le alte temperature

Il caldo è il nemico più duro da affrontare
Adattarsi ai cambiamenti climatici sta diventando una vera questione di sopravvivenza. Ma a quale variazione delle temperature riusciamo a resistere meglio? La risposta per l’Europa arriva da uno studio condotto dall’Istituto per la Salute Globale (ISGlobal) di Barcellona: negli ultimi due decenni la popolazione del nostro Continente sta riuscendo ad affrontare meglio il freddo del caldo, che è stato davvero da record nel 2024.
Presi in esame 35 diversi Paesi europei
Pubblicata sulla rivista The Lancet Planetary Health, la ricerca ha preso in considerazione temperature e mortalità in oltre 800 regioni di 35 diversi Paesi europei tra il 2003 e il 2020.
Dall’analisi è emerso un dato significativo: nella popolazione europea il rischio di morte associato al freddo è diminuito del 2% all’anno, mentre quello legato al caldo solo dell’1%. Una differenza di un solo punto percentuale, ma che evidenzia come sia soprattutto l’innalzamento delle temperature nel periodo estivo a mettere a repentaglio la salute.
Tra l’altro, questo importante studio è stato caratterizzato dall’introduzione del concetto di Extreme-Risk Temperature (ERT): è stata cioè considerata una temperatura soglia specifica per ogni area geografica, oltre la quale il rischio di mortalità aumenta in modo significativo. Questo approccio tiene conto delle differenze tra una zona e l’altra, andando oltre la considerazione spesso limitante di valori standard: sulla base dell’ERT, per esempio, si parte dall’idea che in relazione a diversi fattori 35°C possono risultare più letali a Berlino che ad Atene.
Il freddo è un vecchio nemico, mentre il caldo…
Altri numeri interessanti: in Europa, tra il 2003 e il 2020 ci sono stati mediamente 2,07 giorni di freddo pericoloso in meno all’anno, mentre i giorni di caldo estremo sono aumentati dello 0,28 nell’arco dei dodici mesi.
Ma non è solo una questione di maggiore o minore esposizione all’uno piuttosto che all’altro: secondo i ricercatori, il freddo è da considerare un “vecchio nemico”, contro il quale abbiamo sviluppato secoli di adattamento e i cui rischi sanitari (epidemie influenzali eccetera) siamo meglio attrezzati ad affrontare. Mentre le condizioni indotte dal surriscaldamento globale sono un nemico recente, contro il quale ci stiamo ancora attrezzando dal punto di vista biologico: sempre secondo gli autori dello studio, le persone stanno diventando progressivamente più resistenti alle alte temperature, ma il ritmo dell’adattamento è ancora insufficiente, soprattutto considerando l’aumento delle ondate di calore negli ultimi anni.
L’ Europa meridionale è la più vulnerabile: ecco perché
Nonostante sia più abituata e da più tempo alle alte temperature, la popolazione del Sud Europa risulta anche quella più vulnerabile al caldo. E secondo i ricercatori per molteplici ragioni, che in molti casi esulano dalla semplice capacità di adattamento: per esempio l’alto numero di abitazioni con un isolamento termico spesso inadeguato oppure sistemi sanitari meno finanziati e di conseguenza meno efficienti nell’affrontare le emergenze indotte dalle ondate di calore.
Rispetto all’assistenza socio-sanitaria, gli autori dello studio sottolineano inoltre come una precedente ricerca del 2024 ha preso in considerazione 38 Paesi europei scoprendo che solo 20 avevano sviluppato adeguati sistemi di sorveglianza delle temperature e 17 non disponevano ancora di piani d’azione specifici contro le ondate di calore.
L’aggravante inquinamento
Non è certo una scoperta, ma il ruolo dell’inquinamento nel peggiorare i rischi collegati alle giornate più calde è emerso anche in quest’ultima indagine scientifica. I cosiddetti “giorni composti”, ovvero quelli in cui le alte temperature si combinano con altrettanto alti livelli di inquinanti, rappresentano veramente un pericolo moltiplicato per la salute. E il mix letale è assai frequente: sempre secondo i dati raccolti, il 60% dei giorni con temperature estreme registrate nelle varie aeree d’Europa coincideva con livelli di inquinamento superiori ai limiti stabiliti dall’Organizzazione mondiale della Sanità.
Il monito finale
Lo studio dell’ISGlobal, parte del progetto EARLY-ADAPT promosso sempre dall’Istituto per la Salute Globale (ISGlobal) di Barcellona, lancia un messaggio chiaro: serve un’accelerazione delle politiche di adattamento al caldo, più strutturate e più distribuite a livello territoriale, con strategie mirate per proteggere le fasce più vulnerabili della popolazione.