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Dolci tipici di Carnevale, ecco tutte le varianti regionali

Sfrappole, castagnole, tortelli, zeppole, cicerchiata, struffoli, sfinci, pignolata, dette anche chiacchiere, bugie, cenci. Scopriamole tutte.

20/02/2022 - di Gloria Ciabattoni

Carnevale è tempo di dolci e ogni regione ha i propri, e tutti hanno in comune la frittura. Questo li rende molto appetibili ma anche molto calorici, e deve fare attenzione anche chi ha problemi di colesterolo. Ma non ce ne priveremo, solo bisognerà avere l’accortezza di non considerarli un extra ma parte della dieta quotidiana, ovvero se li mangeremo a pranzo o a cena, si preferirà un pasto proteico e con verdure, per compensare l’eccesso di zuccheri e di grassi dei dolci. O ancora, si potrà sostituire il cornetto della prima colazione con una sfrappola o un paio di castagnole. Ma non solo, ci sono anche fritole, frittelle, tortelli, ciambelle, zeppole, cicerchiata, struffoli, sfinci.

 

Regioni d’Italia

A capeggiare questo esercito da pasticceria ci sono le sfrappole, le più diffuse e note con nomi differenti: chiacchiere in Lombardia (dette anche lattughe) ma anche in Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, cenci in Toscana, in Piemonte bugie, crostoli in Veneto (grustoi a Vicenza, galani a Venezia), frappe in Lazio, Marche, Emilia (sfrappole a Bologna, intrigoni a Reggio Emilia e in Romagna fiocchetti, e meraviglias in Sardegna (in Valle d’Aosta si chiamano merveillas, analogia risalente forse a quando le due regioni facevano parte del Regno di Sardegna). Si tratta in tutti i casi di pezzetti di sfoglia dolce fritta (aromatizzata con liquore, succo di arancia o scorza di limone) poi cosparsi con zucchero a velo. La forma può essere quadrata (come uno straccetto, da qui il termine cencio) oppure la pasta può essere tagliata in larghe strisce arricciate (come nastri o gale, quindi frappe).

 

Indietro nel tempo

Tipiche di Carnevale sono anche le castagnole, gli ingredienti di base sono uova, zucchero, farina, burro, lievito, scorza di limone o arancia, vaniglia e liquore o latte. Risalgono al ‘700, sono diffuse in Veneto, Emilia Romagna, Lazio (Tuscia in particolare), Calabria (dove si preparano anche con la ricotta) e Campania, parenti strette degli struffoli. Che in Umbria, Marche e Abruzzo si chiamano cicerchiata: sono sempre palline di pasta fritta tenute insieme con il miele, ma cambiano nome e prendono quello dei legumi dette cicerchie. In Basilicata e Calabria troviamo la Cicerata (per la somiglianza ai “ciceri” ovvero i ceci). Gli struffoli si preparano anche a Palermo, dove diventano “strufoli”, mentre nel catanese sono “pignolata“, sempre palline fritte ma infilate in un bastoncino, legate con il miele a formare una piccola pigna. Che nel tempo è stata rivisitata dai mastri pasticceri messinesi con l’aggiunta di cacao e agrumi, fino a inventare la pignolata glassata tipica del Carnevale siciliano.

 

Tradizioni rivisitate

Frittelline di pasta lievitata sono gli sfinci siciliani, simili alle fritole del Carnevale veneziano: sono palline preparate con farina, uova, zucchero, latte, lievito per dolci e aroma d’agrumi, poi fritte e spolverate con zucchero a velo. La pignolata di Carnevale è tipica anche della Calabria, in particolare di Reggio Calabria: ha la forma di una pigna, formata da pallini di pasta e ricoperta di miele caldo, ma ci sono varianti con glassa bianca al bergamotto o glassa al cioccolato. Sempre palline di pasta fritte (tipo bigné) si mangiano in Lombardia e si chiamano tortelli.

 

L’origine dei krapfen

Infine, c’è un dolce che ha attraversato l’Europa: le graffe napoletane. Derivano dai krapfen di Vienna, nati da un pezzo di impasto che alla fine del XVII Cecilia Krapf, cuoca degli Asburgo, fece cadere per sbaglio in una padella pena di olio caldissimo. I krapfen arrivarono in Campania durante la dominazione austriaca, in seguito al trattato di Utrecht, nel corso del XVIII ° secolo. E a Napoli e divennero graffe, un soffice impasto a base di farina e patate, spruzzato di zucchero, che trionfa a Carnevale e non solo.