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Artemisia, aghi di pino e lavanda liberano la gola

Le proprietà dei vapori balsamici, per dare sollievo alle vie respiratorie

21/08/2022 - di Ciro Vestita
artemisia

Puccini fu certamente un grande compositore; ma fu anche un grande meccanico (e questo pochi lo sanno). Il buon Giacomo aveva una enorme passione per la caccia e si lanciava spesso, al volante della sua Isotta Fraschini, tra i monti toscani, alla ricerca di selvaggina. La sua guida spericolata lo tradì più volte e nel 1903 dopo un pesante incidente si fece sei mesi di ospedale. Ma la lezione non gli servì. Anzi, dopo la quarta auto sfondata sulle mulattiere lucchesi, propose all’industriale Vincenzo Lancia una sua idea all’avanguardia: una trazione quattro ruote motrici ben rialzata, doppie balestre, robusti pneumatici. Era nato il fuoristrada, che fu poi copiato dagli americani con la Jeep. Questo gli permise anche di aprire per il figlio una concessionaria Lancia in America, un affare che andò benissimo, tanta era la stima degli americani per il nostro compositore.

 

Ma tutta la vita di Puccini fu un fuoco d’artificio; oltre lepri e fagiani inseguiva anche cameriere e cantanti finchè sua moglie Elvira stanca di tutte queste scappatelle, acquistò una casa sul lago di Massaciuccoli, notoriamente lago cieco senza emissari. Era convinta, la poverina, che Giacomo col suo motoscafo potesse solo andare a pesca di trote e lucci. Ma il maestro era un uomo ricchissimo e, senza clamore, fece aprire un canale che collegava il lago a Viareggio. Usciva al mattino per andare dalle sue donnette, tornava alla sera con carpe e tinche (acquistate sul molo). Ma presto anche la vita sul lago fallì. Puccini si innamorò follemente della giovane cameriera Dora Manfredi. La moglie diventò una furia e Dora si suicidò. Una fase pesante della vita che spinse il maestro a fumare sempre di più (pare arrivasse fino a cento sigarette al dì) con il tristissimo epilogo della sua morte ad appena 66 anni.

 

La diagnosi di tumore alla gola fu precoce ma le terapie in quel tempo erano davvero minime. E quindi, seguendo i consigli del suo amico Thomas Mann, eseguiva dei cicli di suffumigi con estratti di larice, pino e malva che ovviamente non lo guarirono dal tumore, ma senz’altro frenarono il decorso della malattia. Mann infatti, nella sua Montagna Incantata, descriveva con acutezza i trattamenti a base di resine di conifere che i pazienti con patologie respiratorie eseguivano nei sanatori delle Alpi. Non solo: nel vicino parco di San Rossore a Pisa, zona vocata alla coltivazione dei pinoli, era abitudine da parte dei contadini aprire le pigne verdi con acqua bollente; l’acqua intrisa di resina non veniva però buttata via ma inviata all’ospedale di Pisa per fare suffumigi utili alle vie respiratorie.

 

Il maestro migliorò pochissimo e nel 1923 ci fu la sentenza: tumore alla laringe da fumo, male che in pochi mesi lo portò alla morte. Fosse stata una malattia diversa queste terapie antiche avrebbero fatto miracoli. In tutte le affezioni delle vie respiratorie, inalare vapori balsamici è un vero e proprio toccasana.

 

In caso di faringo laringiti mettete a bollire in 5 litri di acqua un piccola quantità di artemisia, lavanda, e aghi di pino; quindi asciugamano sulla testa ed inspirare profondamente. Le sostanze aromatiche volatili che si liberano dalla decozione delle piante medicali liberano le fosse nasali e decongestionano le prime vie respiratorie, il tutto senza effetti collaterali. Per gli studi sull’artemisia, per inciso, la dottoressa cinese Tu Youyou nel 2015 ha vinto il premio Nobel per la Medicina, lavorando su un’erba medicinale utilizzata nella medicina tradizionale cinese per curare la malaria.